Si torna a parlare in questi giorni di “due diligence” di sostenibilità delle imprese.
Il 14 dicembre scorso è stato raggiunto un accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento Europeo sulla proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 23 febbraio 2022 e relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, che mira ad accrescere la protezione dell’ambiente e dei diritti umani nell’UE e a livello mondiale. Come si legge nel comunicato stampa diffuso dal Consiglio Europeo che dà notizia del raggiungimento dell’accordo, la direttiva sul dovere di diligenza “definirà gli obblighi delle grandi società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente per quanto riguarda le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro “partner” commerciali”.
Tra i principali elementi dell’accordo, la individuazione dell’ambito di applicazione della direttiva (società con oltre 500 dipendenti, un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di Euro nell’ultimo esercizio e, tre anni dopo l’entrata in vigore, la direttiva sarà applicabile anche a società di paesi terzi con un fatturato netto superiore a 150 milioni di Euro generato nell’UE); la individuazione delle responsabilità delle imprese inadempienti e la definizione delle varie sanzioni; il completamento dell’elenco dei diritti e dei divieti che le imprese dovrebbero rispettare.
Il prossimo step è la stesura di un testo definitivo della direttiva, l’approvazione formale da parte del Parlamento e del Consiglio (si pensa marzo 2024) ed il successivo recepimento della direttiva al livello nazionale da parte di ciascun Stato membro.
In tale contesto, è interessante evidenziare le eventuali sinergie ed integrazioni che potrebbero scaturire tra Modello organizzativo e di gestione ex D.lgs. n. 231/2001 – strumento volto a prevenire il rischio di commissione di taluni reati, cd. reati presupposto, da parte di soggetti apicali o sottoposti di enti, nell’interesse o a vantaggio di questi ultimi – e due diligence di sostenibilità. Il Modello 231 potrebbe essere valorizzato infatti, oltre che come strumento per la prevenzione del rischio reato, anche come strumento di supporto alla gestione dei rischi di sostenibilità. Ad es., è stato osservato che i processi inerenti la gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori o della selezione di fornitori o appaltatori nel cui ambito possono essere commessi reati in materia antinfortunistica o contro la personalità individuale, potrebbero avere una rilevante importanza ai fini della realizzazione di obiettivi di tipo sociale, quali l’occupazione inclusiva e sostenibile, nonché l’eguaglianza e tutela dei lavoratori. pur tenendo conto delle peculiarità di ciascun strumento. Pertanto, una volta che la direttiva sarà recepita negli Stati membri le grandi aziende (anche se le PMI potrebbero essere interessate in modo indiretto, in quanto attori della filiera) si dovranno conformare ai suddetti principi di sostenibilità, ad es. implementando il Modello Organizzativo 231 in chiave di Modello SostenibileESG (acronimo di Environment, Social, e Governance, che sono i pilastri della sostenibilità).
A questo punto non resta che attendere il prossimo passaggio della stesura definitiva della direttiva e della sua approvazione finale.