Con il Decreto Legge n. 34 del 20 marzo 2014 (“Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”), pubblicato in G.U. n. 66 di pari data ed in vigore dal 21 marzo 2014, il Governo, dando attuazione ad alcune misure già annunciate con il cd. Jobs Act, ha innanzi tutto introdotto mirati interventi correttivi alla regolamentazione del lavoro a tempo determinato e dell’apprendistato nel dichiarato tentativo di generare nuova occupazione, in particolare giovanile.
Per quanto riguarda il contratto di lavoro a tempo determinato, ribaltando l’impostazione originaria dell’art. 1, co. 1, D.Lgs. n. 368/2001, è stata prevista la possibilità di ricorrere a tale tipologia contrattuale (ed alla somministrazione di lavoro a termine, a seguito dell’abrogazione dei primi due periodi del quarto comma dell’art. 20, D.lgs. n. 276/2003) senza dover specificare le causali giustificative (tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo) dell’apposizione del termine, troppo spesso fonti di un considerevole contenzioso giudiziale. Il contratto di lavoro a termine, pertanto, diventa definitivamente “acausale” e questo non più solo, come avveniva invece in forza della l. 92/2012, con riferimento al primo contratto di lavoro stipulato tra le parti. Da ora in poi e salvo modifiche che dovessero essere apportate in sede di conversione in legge del decreto, le Aziende potranno, quindi, utilizzare il contratto di lavoro a termine, tout court, per un periodo non superiore a trentasei mesi (rispetto ai 12, proroga compresa, previsti in precedenza), comprensivo di eventuali proroghe (ammesse sino ad “un massimo di otto volte”), a condizione che si riferiscano “alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo”. Un contemperamento a tale liberalizzazione è dato dal limite quantitativo che i datori di lavoro, salve le eccezioni di cui all’art. 10, co. 7, D.Lgs. n. 368/2001, dovranno osservare potendo avere alle proprie dipendenze lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento dell’organico complessivo, dovendosi a tal fine farsi riferimento all’azienda nella sua interezza e non alle singole unità produttive ove si intenda effettuare l’assunzione a termine. Le eventuali previsioni che, ai sensi del primo periodo del comma settimo del citato art. 10, potranno essere individuate dalla contrattazione collettiva nazionale in tema di clausole di contingentamento potranno semplicemente incrementare tale limite percentuale, non risultando possibile, in forza del principio di gerarchia delle fonti, che la medesima contrattazione possa, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 34/2014, procedere a regolamentare un limite inferiore al 20 per cento. Risulta allo stato opinabile se tale limite percentuale debba riferirsi al solo contratto di lavoro a termine o se possa, invece, interessare anche i contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato. Sembrerebbe, tuttavia, preferibile la prima ipotesi, essendo rimasto in vigore l’originario terzo periodo del comma quarto dell’art. 20, D.Lgs. n. 276/2003, che, per quest’ultimi contratti, rinvia ai CCNL la determinazione di appositi limiti quantitativi. Sul punto, occorre ancora evidenziare che le aziende con personale fino a cinque dipendenti potranno sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Non è stata modificata la disciplina dei termini di intervallo tra un contratto e l’altro (dieci o venti giorni a seconda della durata del precedente contratto) previsti, in caso di rinnovo, dall’art. 5, co. 3, D.Lgs. n. 368/2001 né la possibilità per la contrattazione collettiva, anche aziendale, di modificare tali termini.
In materia di apprendistato è stato, invece, eliminato l’obbligo di forma scritto per il piano di formazione individuale, nonché il vincolo, per procedere all’assunzione di nuovi apprendisti, derivante dall’aver rispettato la percentuale di stabilizzazione di almeno il 50 per cento (salvo il regime transitorio fissato dalla Riforma Fornero) degli apprendisti avviati dallo stesso datore di lavoro nei 36 mesi precedenti. Con particolare riferimento all’apprendistato per l’acquisizione della qualifica e del diploma professionale, il D.L. n. 34/2014 ha poi previsto che al lavoratore venga riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate, nonché delle ore di formazione nella misura del 35 per cento del relativo monte ore complessivo. Sembrerebbe, inoltre, essere stato eliminato anche l’obbligo per le aziende di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la propria responsabilità, con l’offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali; in tal senso, infatti, è stata introdotta una semplice facoltà. Sulla corretta interpretazione di tale aspetto, tuttavia, così come su di profili tra quelli sopra richiamati, appare prevedibile che il Ministero del Lavoro provvederà quanto prima ad emanare un’apposita circolare per fornire i necessari chiarimenti amministrativi ministeriali.
Il D.L. n. 34/2014 è, inoltre, intervenuto sulla disciplina dell’iscrizione dei lavoratori nelle liste di disponibilità, visto che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 181/2000, tale iscrizione potrà adesso avvenire presso tutti i Centri per l’Impiego presenti sul territorio nazionale e non più, quindi, soltanto presso quello presente laddove il lavoratore interessato abbia il proprio domicilio.
Va ancora rilevato come sia stata disposta la dematerializzazione del DURC attraverso la verifica telematica della regolarità contributiva delle aziende mediante interrogazione delle banche dati dell’INPS, INAIL e delle Casse edili (per il settore edile). La regolamentazione di tale verifica è stata, tuttavia, rimessa ad un decreto interministeriale da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del D.L. n. 34/2014. L’esito di tale verifica avrà una validità di 120 giorni.
Infine, specifiche previsioni sono state, altresì, introdotte in tema di contratti di solidarietà; a seguito dell’inserimento del comma quarto bis all’art. 6, j, infatti, è stato previsto che, con apposito decreto interministeriale, verranno stabiliti i criteri per l’individuazione dei datori di lavoro beneficiari della riduzione contributiva di cui al comma quarto della medesima previsione. Occorre ricordare, in proposito, come il suddetto comma quarto preveda che i datori di lavoro abbiano diritto, per un periodo non superiore ai 24 mesi, ad una riduzione (pari al 25 per cento, o al 30 per cento per le aree del Mezzogiorno) dell’ammontare della contribuzione previdenziale ed assistenziale ad essi dovuta per i lavoratori interessati da una riduzione dell’orario di lavoro superiore al 20 per cento. La misura di tale riduzione, peraltro, è elevata al 35 per cento (o al 40 per cento per le aree del Mezzogiorno) laddove la riduzione dell’orario di lavoro risulti superiore al 30 per cento.