In data 24 giugno 2015, è stato pubblicato nella G.U. n. 144/2015 il decreto legislativo intitolato “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” finalizzato a sostenere le cure parentali attraverso la tutela degli interessi delle lavoratrici madri nonché a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.
Il provvedimento, che entra in vigore oggi, 25 giugno 2015, interviene prevalentemente sul D.Lgs. n. 151/2001 ( Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) introducendo talune modifiche ed istituti volti a favorire il sostegno alla genitorialità in recepimento dei principi espressi dalla Corte Costituzionale nonché al fine di intervenire nei settori socialmente più “sensibili”.
Procedendo secondo l’ordine contenuto nel decreto in esame, l’art. 2 modificando l’art. 16 del D.Lgs. 151/2001, consente di fruire del congedo obbligatorio di maternità anche nei casi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura ospedaliera o privata. In caso di parto prematuro, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche qualora la somma dei due periodi superi il limite complessivo di cinque mesi.
Il suddetto meccanismo di recupero si applica non soltanto al congedo “ordinario” previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 151/2001 ma altresì a quello “prolungato” per condizioni di lavoro pregiudizievoli così come previsto dall’art. 17 del medesimo decreto.
Inoltre, la suddetta potestà può essere esercitata “una sola volta per figlio” ed è subordinata alla produzione di attestazione medica che certifichi la capacità della lavoratrice di tornare in servizio.
Altra importante novità ispirata ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 405/2001, attiene all’art. 3 che ha modificato l’art. 24 del D.Lgs. 151/2001, stabilendo che l’indennità di maternità sia corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per colpa grave della lavoratrice che si verifichi durante i periodi di congedo di maternità.
Per quanto attiene, invece, il congedo di paternità, l’art. 5, nel riformulare l’art. 28, co. 1-bis, D.Lgs. 151 del 2001, ne ha esteso l’applicabilità a tutte le categorie di lavoratori e non più unicamente ai lavoratori subordinati. La possibilità per il padre di usufruire del congedo è prevista in tutti quei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne. In particolare, il beneficio è previsto qualora la madre muoia o sia colpita da grave infermità nonché in caso di abbandono della famiglia o di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Anche gli articoli 7 e 8 intervengono sul congedo parentale. In particolare è prevista un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 ai primi 12 anni di vita del bambino. Inoltre, in caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. I suddetti articoli prevedono altresì una riduzione dei tempi di preavviso da dare al datore di lavoro per usufruire dei congedi parentali.
Al fine di chiarire invece alcuni dubbi interpretativi sorti con la legge 92/2012 c.d. “Fornero”, l’art. 12 del decreto interviene sull’art. 55 del D.Lgs. 151/2001 in materia di dimissioni. La disposizione precisa che, in caso di dimissioni volontarie, nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento e, pertanto, fino al compimento di un anno di vita del bambino, la lavoratrice ed il lavoratore non sono tenuti al preavviso.
Sempre in un’ottica garantista e di equiparazione della varie tipologie lavorative, l’art. 13 ha introdotto i nuovi artt. 64 bis e 64 ter nel D.Lgs. n. 151/2001 con riferimento alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS. L’art. 64 bis prevede per i casi di adozione o affidamento di minore da parte di lavoratrici iscritte alla suddetta Gestione separata, il diritto al congedo per i cinque mesi successivi all’ingresso in famiglia del minore, mentre l’art. 64 ter prevede l’estensione dell’istituto dell’automaticità delle prestazioni ovvero l’erogazione dell’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento dei relativi contributi ai lavoratori ed alle lavoratrici iscritti alla gestione separata.
Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, l’art. 23 contiene una misura innovativa consistente nel “congedo per le donne vittime di violenza di genere” inserite in percorsi di protezione debitamente certificati con astensione dal lavoro per un periodo non superiore a tre mesi. Del suddetto congedo possono beneficiare sia le dipendenti di datore di lavoro pubblico o privato (con esclusione del lavoro domestico) nonché le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa facendone richiesta al datore di lavoro/committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni (salvo casi di oggettiva impossibilità). Alle suddette lavoratrici è dovuta un’indennità uguale all’ultima retribuzione di fatto e che verrà computata ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi maturazione delle ferie, tredicesima mensilità e TFR.