Questa, dal punto di vista giuslavoristico, è la principale conseguenza della ritardata emanazione del DL Rilancio Italia.
La sospensione dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, di quelli collettivi e delle relative procedure di legge, disposta per 60 giorni dall’articolo 46 del DL 18/2020 (Cura Italia), è scaduta l’altro ieri.
Dall’esame delle ultime bozze in circolazione del DL Rilancio, risulta che il relativo art. 83, rubricato “Modifiche all’articolo 46 in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo” preveda, tra l’altro, che “All’articolo 46, del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: “60 giorni” sono sostituite dalle seguenti: “cinque mesi” ed è aggiunto infine il seguente periodo: “Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604.“
Poiché le disposizioni sulla legge in generale stabiliscono che “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” è evidente che l’emanazione tardiva della norma in esame non può che determinare, sia pure per uno o più giorni, a seconda di quando sarà emanato il preannunciato DL, la piena vigenza di quelle temporaneamente sospese.
Né, del resto, l’avvio, sia pure prudenziale, della Fase 2 e la ripresa di numerose attività produttive e commerciali può giustificare per altri tre mesi la limitazione, in presenza di un giustificato motivo oggettivo, anche precedente all’insorgere della pandemia, del potere di recesso datoriale e della libertà imprenditoriale costituzionalmente garantita.