Lo scorso 13 ottobre è approdata alla Commissione Giustizia della Camera, la proposta di legge (v. allegato proposta di legge) diretta ad introdurre nel codice penale la fattispecie incriminatrice “ad hoc” di condotte di “mobbing” e “straining” in ossequio al principio di tassatività della legge penale. L’esigenza nasce, infatti, dalla necessità di garantire ai lavoratori una piena tutela dei loro diritti, colmando così quel vuoto normativo che attualmente genera la punibilità di condotte “mobbizzanti” riconducibili ai reati di lesioni personali dolose (art. 582 c.p.) o violenza privata (art. 610 c.p.). In particolare, il “mobbing”, generalmente, si configura quando, nei confronti del lavoratore, si pone una serie reiterata di atti vessatori e persecutori nell’ambiente lavorativo ripetuti nel tempo, tali da provocargli un danno ingiusto che incide sulla sua sfera mentale, relazionale e psico-somatica. Lo “straining”, invece, consiste in una forma attenuata di “mobbing” nel quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie, caratterizzandosi come una singola azione da cui derivi una situazione di stress forzato e duraturo nel tempo, tale da provocare effetti negativi nell’ambiente di lavoro. La proposta di legge consta di due articoli, il primo dei quali mira a promuovere gli incontri tra i diversi soggetti del mercato del lavoro, sensibilizzandoli al rispetto della normativa in materia di “mobbing” e di “straining”. L’art. 2, più nello specifico, si occupa di descrivere e definire le fattispecie, individuandone le rispettive sanzioni. In particolare, il primo comma dell’art. 2, con l’inserimento dell’art. 582 bis c.p., individua il reato di “mobbing” come quel comportamento, posto in essere dal datore di lavoro o dal lavoratore, che, “in pendenza di un rapporto di lavoro, con più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero la dignità di un lavoratore”, prevedendo come sanzione “la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000” e la sua procedibilità d’ufficio. Il secondo comma dell’art. 2 individua il reato di “straining”, nell’ipotesi in cui la condotta descritta al primo comma venga “realizzata con un’unica azione”, e la sanziona “con la pena da tre mesi a due anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000”, prevedendo, anche qui, la procedibilità d’ufficio del delitto.