Con ordinanza interlocutoria del 19 ottobre 2017, la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione avente ad oggetto il licenziamento intimato durante la malattia del lavoratore. In particolare, il tema di contrasto riguarda le conseguenze del licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto.
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto è stato oscillante nel corso degli anni: da una parte è stato ritenuto che l’inosservanza del divieto di licenziamento del lavoratore in malattia, intimato quando il periodo di comporto non sia ancora decorso, non determinerebbe la nullità del recesso, quanto piuttosto la sua temporanea inefficacia fino alla scadenza della situazione ostativa (Cass. 4/7/2001 n. 9037; Cass. 10/10/2013 n.23063), e ciò in virtù dell’applicazione del principio della conservazione degli atti giuridici, previso dall’art. 1367 c.c.; dall’altra, la Suprema Corte ha ritenuto che, in caso di licenziamento intimato anteriormente alla scadenza del periodo di comporto, l’atto di recesso debba ritenersi nullo per violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 2110 c.c. (Cass. 19/3/2013 n. 6773; Cass. 18/11/2014 n. 24525) con la conseguenza che il potere datoriale di recedere potrebbe esercitarsi solamente al compimento del periodo di comporto, che ne rappresenta la situazione giustificativa.
L’oscillante dato giurisprudenziale suesposto rende auspicabile, a questo punto, l’intervento delle Sezioni Unite, così da risolvere in via definitiva la questione dibattuta.