Dal prossimo 23 luglio entreranno in vigore le nuove regole sulla gestione del personale in caso di successione di appalti, a seguito della pubblicazione in Gazzetta ufficiale n. 158 dell’8 luglio scorso, della Legge Europea n. 122/2016.
Infatti, tale normativa prevede, tra l’altro, una importante modifica al testo vigente dell’articolo 29, comma 3, del D.Lgs 276/2003 , che esclude l’applicabilità delle regole del trasferimento di azienda ai casi di subentro di un appaltatore all’altro nella gestione del medesimo servizio, anche nei casi in cui tale subentro sia accompagnato dall’assunzione del personale già impiegato nell’appalto. Come è noto, la finalità di tale articolo è quella di differenziare la fattispecie della successione degli appalti da quella del trasferimento di azienda e, conseguentemente, evitare, nel primo caso, l’applicazione delle regole di cui all’art. 2112 c.c. che impongono al cessionario dell’impresa di acquisire senza soluzione di continuità tutto il personale impiegato nel ramo di azienda trasferito, garantendo il mantenimento dei diritti acquisiti e l’applicazione dei trattamenti economici e normativi già in essere. Infatti, in base all’attuale disciplina, in vigore fino al 22 luglio 2016, il nuovo appaltatore, quando assume i lavoratori del precedente appalto “ex novo”, non si deve preoccupare che tale assunzione comporti l’applicazione della disciplina del trasferimento d’azienda contenuta nel richiamato articolo 2112, potendo rimodulare orari e mansioni del personale in virtù della nuova organizzazione del servizio.
L’intervento del legislatore ha fatto seguito ad una procedura di pre-infrazione avviata nei confronti dell’Italia dalla Commissione europea che ha ritenuto l’originario art. 29, terzo comma del D.Lgs. n. 276/2003 non conforme ai principi della Direttiva 2001/23/CE del 12 marzo 2001 sul trasferimento di azienda atteso che escludeva il mantenimento dei diritti dei lavoratori in fattispecie assimilabili al trasferimento di azienda, come il cambio di appalto.
Orbene, la nuova disposizione del citato comma, precisa alcuni elementi che consentono di escludere il configurarsi di un trasferimento d’azienda (o di ramo) in tutti i casi in cui l’appaltatore subentrante riassuma il personale già impiegato dal precedente appaltatore.
In particolare, viene stabilito che l’acquisizione di personale già impiegato nell’appalto non comporta l’applicazione delle regole del trasferimento di azienda quando il subentro nella gestione del servizio avviene in favore di un soggetto dotato di propria struttura organizzativa e operativa e a condizione che sussistano elementi di discontinuità con il precedente appaltatore che determinino una specifica identità di impresa. In tali ipotesi, pertanto, potrà, ad esempio, essere applicato un contratto diverso e/o ridotte le retribuzioni. La norma novellata, cosi come la precedente, si applica a tutti i casi di acquisizione del personale, sia che questa avvenga sulla base di una norma di legge (per esempio, come accade per i call center, dove è stata introdotta dal nuovo codice appalti la cosiddetta clausola sociale: sul punto, si rimanda alla notizia pubblicata sul nostro sito lo scorso 27 giugno), sia quando il personale sia trasferito al soggetto subentrante in virtù di una clausola di un contratto collettivo nazionale di lavoro oppure di un contratto d’appalto.
Tuttavia, i nuovi elementi previsti per discriminare le due fattispecie, essendo formulati in modo generico ed essendo privi di parametri oggettivi, lasciano spazio a diverse interpretazioni e, pertanto, potrebbero dar luogo ad incertezze applicative e ad eventuali contenziosi, rimettendo alla discrezionale interpretazione giudiziale la decisione sulla fattispecie da applicare e ponendo le società subentranti a rischi di impresa spesso neanche preventivabili, non essendo in grado di valutare “ex ante” la disciplina cui attenersi.
Ed infatti, nel rispetto delle norme sul trasferimento ex art. 2112 c.c., il nuovo appaltatore sarà tenuto a subentrare in tutti i rapporti di lavoro che facevano capo al vecchio appaltatore, dovendo garantire ai lavoratori interessati, non solo la continuità del rapporto, ma la stessa anzianità di servizio, di stipendio, di orario e di mansione, rispondendo in via solidale con il precedente appaltatore per i crediti dei dipendenti esistenti al momento del trasferimento.
Nel caso in cui il personale occupato presso il precedente appaltatore risulti eccedente e non integralmente assorbibile dal nuovo appaltatore, quest’ultimo dovrà comunque subentrare in tutti i rapporti di lavoro per poi porre in essere iniziative di riduzione di personale, individuali o collettive, a seconda dell’entità dell’esubero, con tutti i connessi rischi di impugnativa in sede giudiziale.
Del pari, eventuali licenziamenti posti in essere dal precedente appaltatore in ragione della cessazione dell’appalto potrebbero essere impugnati così coinvolgendo anche il nuovo appaltatore per i profili risarcitori / reintegratori.
Anche sotto il profilo procedurale, l’applicazione della disciplina dell’art. 2112 c.c. comporterà l’obbligo per l’appaltatore uscente e per quello subentrante di attivare preventivamente la procedura sindacale prevista dall’art. 47 legge 428/90, in presenza di determinati requisiti dimensionali.
Inoltre, evidenti problemi di coordinamento emergono, altresì, dal raffronto tra la nuova disciplina e la previsione dell’art. 7 del D. Lgs. 23/15 che espressamente dispone che in caso di “cambio appalto” l’assunzione dei lavoratori del vecchio appaltatore avviene ex novo (con le tutele crescenti) e solo in caso di licenziamento, ai fini dell’indennizzo, vale la pregressa anzianità di servizio.
A questo punto, si attende che al più presto vengano emanate circolari interpretative dell’art. 29 , terzo comma, come novellato, dirette a rendere più agevole e certa l’attività di tutti gli operatori del settore.