Il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020, n. 18 c.d. “Cura Italia”, nella fase di conversione in legge n. 27 del 24 aprile 2020 pubblicata sulla G.U. n. 110 del 29 aprile 2020, ha visto l’introduzione di diverse modifiche rispetto al testo originale, tra cui alcune con riguardo a norme d’interesse giuslavoristico già trattate nella nostra pubblicazione del 2 aprile u.s., alla quale si rinvia per il coordinamento con quanto illustrato nel prosieguo.
Modifica all’art. 19 “Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario”
Al comma 1 dell’art. 19 è stato precisato che il periodo di decorrenza del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” potrà essere fruito per un durata massima di nove settimane decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020; sono così venuti meno i dubbi interpretativi sollevati da alcuni circa il termine ultimo stabilito dal Legislatore nella sola indicazione del “mese di agosto” 2020.
Al comma 2, invece, è stata eliminata la disposizione secondo cui i datori di lavoro che presentavano la domanda per sospendere o ridurre l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza Covid-19 erano tenuti a garantire “l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto (con le OO.SS.) che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva”.
Attualmente, pertanto, la procedura prevede esclusivamente che la domanda sia presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e non è soggetta alla verifica dei requisiti di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, ovvero la sussistenza di situazioni temporanee di mercato ovvero aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali.
Al contempo, è stata prevista un’estensione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi qualora la domanda sia presentata da datori di lavoro che abbiano unità produttive site nei comuni della Lombardia e del Veneto individuati nell’Allegato l del D.P.C.M. del 1^ marzo 2020 oppure che abbiano in forza lavoratori che ivi siano residenti o domiciliati limitatamente a quest’ultimi. L’assegno ordinario, inoltre, è concesso anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che occupano mediamente più di 5 dipendenti senza l’applicazione del tetto aziendale di cui all’articolo 29, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo n. 148 del 2015.ù
Al comma 8, è rimasta erroneamente invariata la precedente previsione per cui i destinatari della disposizione devono risultare alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 23 febbraio 2020, che l’art. 41, comma 1, del D.L. n. 23/2020 (cd. “Liquidità”) ha esteso ai lavoratori assunti al 17 marzo 2020.
Introduzione dell’art. 19 bis “Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine”
E’ stato introdotto l’art. 19-bis in forza del quale “ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione”.
Modifica all’art. 22 “Nuove disposizioni per la Cassa integrazione in deroga”
Viene stabilito che per la concessione del trattamento di cassa integrazione in deroga non si rende necessario il raggiungimento di un accordo con le OO.SS. tanto per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti quanto per quei “datori di lavoro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Parimenti a quanto previsto dall’art. 19, con l’introduzione del comma 8-bis è stata prevista un’estensione del trattamento di cassa integrazione salariale in deroga per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi qualora la domanda sia presentata da datori di lavoro che abbiano unità produttive site nei comuni della Lombardia e del Veneto individuati nell’Allegato l del D.P.C.M. del 1^ marzo 2020 oppure che abbiano in forza lavoratori che ivi siano residenti o domiciliati limitatamente a quest’ultimi.
Inoltre, il nuovo comma 8-quater dispone che “Al di fuori dei casi di cui al comma 8-bis, le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, con riferimento ai datori di lavoro con unità produttive ivi situate nonché ai datori di lavoro che non hanno sede legale o unità produttiva od operativa nelle predette regioni, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nelle medesime regioni, possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per un periodo non superiore a quattro settimane, aggiuntivo a quello di cui al comma 1 e autorizzabile con il medesimo provvedimento di concessione”.
Modifica all’art. 26 “Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza
attiva dei lavoratori del settore privato”
Per far fronte a particolari situazioni personali sanitarie di lavoratori dipendenti sia del settore pubblico che privato, è stato modificato il comma 2 dell’art. 26. Questo prevede che l’assenza dal lavoro, fino al 30 aprile 2020, è equiparata al ricovero ospedaliero qualora si tratti di lavoratori:
• in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
• in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992.
Affinché possa trovare applicazione quanto sopra illustrato, occorre la prescrizione medica delle competenti autorità sanitarie ovvero del medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente.
Modifica all’art. 39 “Disposizioni in materia di lavoro agile”
Era stato già previsto dal D.L. il diritto dei lavoratori disabili o che abbiano un familiare disabile nel proprio nucleo a rendere le proprie prestazioni con modalità di lavoro agile, salvo che ciò non sia incompatibile con la tipologia della prestazione medesima, fino al 30 aprile 2020 (in sede di conversione il termine è stato individuato nella “cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19”).
Tale diritto, grazie all’introduzione del comma 2-bis, è stato esteso ai lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse.
Introduzione dell’art. 44 bis “Indennità per i lavoratori autonomi nei comuni di cui all’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020”
Viene riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, ai titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e ai lavoratori autonomi o professionisti ivi compresi i titolari di attività di impresa, un’indennità mensile aggiuntiva pari a 500 euro per un massimo di tre mesi, parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività. Detta indennità non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR.
Articolo 46 “Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”
E’ stata modificata la rubrica dell’art. 46 del D.L. che. in precedenza, erroneamente recitava “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”, senza che nella norma fosse disposto concretamente alcunché in materia di impugnazioni dei licenziamenti.
E’ stato disposto che la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo nonché il divieto, per i datori di lavoro, di intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, per 60 giorni dall’entrata in vigore del D.L., non trovano applicazione qualora il personale interessato dal recesso sia impegnato nell’ambito di un appalto cessato e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto medesimo.