Con messaggio 2261 del 1 giugno 2020 l’INPS ha precisato che la NASpI spetta anche al dipendente licenziato in violazione del divieto di cui all’art. 46 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (decreto Cura Italia), come integrato e modificato dall’articolo 80 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio).
In particolare, l’art. 46 del Decreto Legge cit. come modificato dall’articolo 80 del decreto-legge n. 34 del 2020, oltre a disporre che, a decorrere dalla data del 17 marzo 2020, di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 18 del 2020, l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è precluso per cinque mesi e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, prevede altresì, che, sino alla scadenza del suddetto termine di cinque mesi (ossia fino al 17 agosto 2020) il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e che sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Tale disposizione, secondo l’INPS, ha assunto rilievo in ordine alla possibilità di accesso alla prestazione di disoccupazione NASpI da parte dei lavoratori che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro con la causale di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonostante il divieto posto dal legislatore nella richiamata disposizione normativa.
Con nota prot. n. 5481 del 26 maggio 2020, l’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nel chiarire che l’indennità di disoccupazione NASpI è una prestazione riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, aveva già osservato che “non rileva dunque, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore”.
In ragione di ciò, l’INPS ha ritenuto che, qualora sussistano tutti i requisiti legislativamente previsti, è possibile procedere all’accoglimento delle domande di indennità di disoccupazione NASpI presentate dai lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di licenziamento – con le causali di cui al citato articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 – intimato anche in data successiva al 17 marzo 2020, di entrata in vigore della richiamata disposizione di cui al Decreto Cura Italia.
L’Inps ha precisato, tuttavia, che l’erogazione della indennità NASpI viene effettuata (da parte dell’Istituto) con riserva di ripetizione di quanto erogato nella ipotesi in cui il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro.
In tal caso, il lavoratore è tenuto a comunicare all’INPS l’esito del contenzioso medesimo ai fini della restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
Inoltre, potrebbe anche verificarsi che – in attuazione della disposizione di cui al comma 1-bis dell’articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020, introdotto dall’art. 80 del decreto-legge n. 34 del 2020 – il datore di lavoro revochi il recesso (il licenziamento per giustificato motivo oggettivo), chiedendo contestualmente, per il lavoratore riassunto, il trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data di efficacia del precedente licenziamento.
Anche in tale ipotesi, secondo l’Istituto, quanto eventualmente già erogato a titolo di indennità NASpI sarà oggetto di recupero da parte dell’Istituto, in considerazione della tutela della cassa integrazione che verrà riconosciuta al lavoratore in attuazione della citata disposizione di cui al comma 1-bis.
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