Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 27436 del 20 novembre 2017, affrontano il contrasto giurisprudenziale relativo ai meccanismi estintivi del rapporto tra il socio lavoratore e la cooperativa, nonché le tutele applicabili in caso di impugnazioni giudiziali.
Il caso portato all’attenzione delle Sezioni Unite prende le mosse da una fattispecie in cui, a seguito di un’aggressione da parte di un socio lavoratore nei confronti di un superiore gerarchico, una cooperativa aveva, nel contempo, disposto l’esclusione del socio dalla cooperativa ed il licenziamento per giusta causa. A fronte di due distinti atti, il socio lavoratore aveva, tuttavia, impugnato il solo licenziamento dinanzi al giudice del lavoro.
Il limitato aspetto del complesso rapporto tra il socio lavoratore e la cooperativa affrontato dalle Sezioni Unite, riguarda la questione se, a fronte della sola impugnazione del licenziamento, l’omessa impugnazione della delibera di esclusione, precluda l’esame della legittimità del licenziamento.
La Corte a Sezioni Unite effettua, preliminarmente, una rassegna dei diversi indirizzi giurisprudenziali che si erano pronunciati sulla questione.
Un primo orientamento aveva ritenuto che il socio lavoratore doveva sempre necessariamente opporsi alla delibera di esclusione (Cassazione sent. n. 3836 del 26.2.2016).
Secondo altro orientamento della Cassazione la mancata impugnazione della delibera di esclusione ai sensi dell’art. 2533 c.c., pur precludendo qualsiasi statuizione in ordine al licenziamento, qualora la delibera stessa fosse inefficace per la mancata comunicazione, consentirebbe di accordare la tutela lavoristica (al riguardo viene citata Cassazione sent. n. 6373 del 1.4.2016 e n. 24795 del 5.12.2016).
Quindi le SS.UU. sono passate ad esaminare lo status del socio lavoratore, come disciplinato dalla L. 142/2001, anche alla luce delle modifiche introdotte dalla L. 30/2003, sottolineando in particolare che la cessazione del rapporto di lavoro, non solo per recesso datoriale ma anche in ipotesi di dimissioni del socio lavoratore, non implica necessariamente il venir meno di quello associativo, mentre, al contrario, la cessazione del rapporto associativo, trascina con sé anche quello del rapporto di lavoro.
In sostanza, il socio “se può non essere lavoratore, qualora perda la qualità di socio non può più essere lavoratore”.
Lo stretto collegamento tra rapporto associativo e rapporto di lavoro, come sopra esaminato, a parere della Corte, lascia, però, impregiudicata la rilevanza del rapporto di lavoro, in particolare nella sua fase estintiva.
Proprio per tale ragione, alla duplicità dei rapporti, può corrispondere la duplicità degli atti estintivi, dal momento che i due atti incidono su diversi beni della vita, sia pure per le medesime ragioni: la delibera di esclusione sulla qualità di socio; il licenziamento sul rapporto di lavoro.
Da tale impostazione deriva, dunque, l’autonomia delle tutele:
(i) tutela restitutoria, dalla quale deriva la ricostituzione del rapporto societario e che consegue all’invalidazione della delibera;
(ii) tutela risarcitoria, contemplata dall’art. 8 L. 604/66, in ipotesi di dichiarazione dell’illegittimità del licenziamento.
In considerazione, dunque, dell’autonomia dei due rimedi, secondo le Sezioni Unite, in ipotesi di mancata impugnazione della delibera di esclusione, il rimedio restitutorio – rectius la ricostituzione del rapporto – è precluso, ma può essere richiesta la tutela risarcitoria, qualora si impugni il licenziamento.
L’accoglimento della domanda risarcitoria, poi, non travolge gli effetti della delibera di esclusione, rimanendo esclusa la possibilità di ricostituzione del rapporto societario.
Carmine Di Mambro
(Per consultare la Sentenza clicca qui Cassazione SS.UU. 27436 2017)