Il Decreto Legislativo n. 104 del 27 giugno 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 29 luglio 2022, recante “attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea”, che entrerà in vigore il 13 agosto 2022, ha l’obiettivo di fornire ai lavoratori una maggiore trasparenza delle informazioni sulle condizioni e le caratteristiche del rapporto di lavoro.
In particolare, il provvedimento si propone di attuare la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, la quale consente di adeguare l’ordinamento nazionale a quello comunitario nel settore degli obblighi di informazione dei lavoratori rispetto alle proprie condizioni di lavoro.
Il Decreto Legislativo recepisce e, altresì, amplia le disposizioni della suddetta direttiva, intervenendo in materia di obblighi di informazione e trasparenza, già previsti nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 152/1997, che aveva recepito, in passato, la direttiva 91/533/CEE sulle medesime materie e introducendo, nel contempo, diverse novità in ambito giuslavoristico.
Di seguito si riportano le principali misure in materia.
1. AMBITO DI APPLICAZIONE
1.1. Tipologie di rapporti cui si applica il provvedimento ed esclusioni (art. 1)
Il provvedimento in esame trova applicazione ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, oltre che a termine e a tempo parziale, ai contratti di lavoro somministrato e intermittente.
Viene, inoltre, esteso il campo di applicazione della disciplina sui nuovi obblighi informativi gravanti sul datore di lavoro, anche ai rapporti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzate dal committente anche tramite piattaforme (art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015), ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, n. 3, c.p.c. e ai contratti di prestazione occasionale ex art. 54-bis del D.L. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 96/2017.
Il Decreto in esame si applica anche ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 e ai dipendenti degli enti pubblici economici.
Le previsioni di cui al Decreto si applicano, altresì, ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca (fatta salva la disciplina speciale vigente in materia), ai lavoratori domestici (fatta eccezione per le previsioni di cui agli articoli 10 e 11 del presente provvedimento relativamente al diritto per il lavoratore di passare a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili e relativamente all’obbligo per il datore di lavoro di erogare al lavoratore una formazione per lo svolgimento della prestazione lavorativa).
Sono, invece, esclusi dall’applicazione degli obblighi informativi:
– i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del Codice civile e quelli di lavoro autonomo di cui al D.Lgs. n. 36/2021, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.;
– i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di 3 ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive;
– i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
– i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi;
– i rapporti del personale dipendente di Amministrazioni pubbliche in servizio all’estero limitatamente all’art. 2 del D.Lgs. n. 152/1997;
– i rapporti di lavoro del personale di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001 relativamente alle disposizioni di cui al Capo III del Decreto in esame (Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro).
1.2. Modalità di comunicazione delle informazioni (Art. 3)
Il datore di lavoro deve comunicare a ciascun lavoratore, in modo chiaro e trasparente le informazioni previste dal Decreto in esame in formato cartaceo oppure elettronico. Le suddette informazioni sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro deve conservarne la prova della trasmissione o della ricezione per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro.
2. MODIFICHE AL D.LGS. N. 152/1997
2.1. Informazioni sul rapporto di lavoro (Art. 4, comma 1, lett. a)
Il Decreto Legislativo ha sostituito l’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997 che già prevedeva l’obbligo per il datore di lavoro di fornire al lavoratore tutte le informazioni concernenti il suo rapporto di lavoro.
In particolare, il nuovo articolo prevede che il datore di lavoro pubblico e privato deve comunicare al lavoratore informazioni più complete sugli aspetti essenziali del suo rapporto di lavoro.
Più precisamente, devono essere comunicate al lavoratore le seguenti informazioni:
– l’identità del datore di lavoro (e degli eventuali co-datori);
– il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso, il datore di lavoro dovrà precisare una delle seguenti informazioni:
1. il lavoratore è occupato in luoghi diversi;
2. il lavoratore è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
– la sede o il domicilio del datore di lavoro;
– l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore (o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro);
– la data di inizio del rapporto di lavoro;
– la tipologia contrattuale del rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la durata dello stesso;
– l’identità dell’impresa utilizzatrice, qualora si tratti di un rapporto di lavoro in somministrazione;
– la durata del periodo di prova, laddove previsto;
– il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
– la durata del congedo per ferie;
– la durata degli eventuali altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore ovvero le modalità di determinazione e fruizione, qualora non definibili al momento dell’assunzione;
– la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
– l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
– la programmazione dell’orario ordinario di lavoro. Qualora non sia possibile prevedere un orario normale di lavoro programmato, in quanto le modalità organizzative dell’orario sono in gran parte o totalmente imprevedibili, il datore di lavoro deve informare il lavoratore circa:
1. la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
2. le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
3. il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito tra le parti, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico;
– le condizioni che riguardano l’eventuale straordinario e la sua retribuzione;
– le procedure relative ai cambiamenti di turno, qualora sia previsto;
– il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
– gli Enti e gli Istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
– gli elementi previsti dall’art. 1-bis qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
Gli obblighi informativi vengono assolti mediante la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, alternativamente devono essere previsti in uno dei seguenti documenti:
– nel contratto individuale di lavoro redatto per iscritto;
– nella copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro;
Il datore di lavoro deve conservare prova della trasmissione o della ricezione della comunicazione al lavoratore e, su richiesta, renderla accessibile a quest’ultimo.
Tuttavia, qualora non sia stato possibile inserire tali informazioni nei suindicati documenti, in ogni caso, le stesse devono essere fornite, per iscritto, entro i sette giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa.
Inoltre, potranno essere comunicate al lavoratore, entro 30 giorni dall’inizio della prestazione lavorativa, le seguenti informazioni, ritenute, dal legislatore, non essenziali:
– l’identità dell’impresa utilizzatrice, qualora trattasi di rapporto di lavoro in somministrazione;
– il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
– la durata del congedo per ferie;
– la durata degli eventuali altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore ovvero le modalità di determinazione e fruizione, qualora non definibili al momento dell’assunzione;
– la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
– il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
– gli Enti e gli Istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dal datore di lavoro.
In caso di estinzione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine di un mese dalla data dell’instaurazione, deve essere consegnata al lavoratore, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente tutte le informazioni obbligatorie, ove tale obbligo non sia stato già adempiuto.
A ciò si aggiunga che, anche, il committente nell’ambito dei rapporti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzate anche tramite piattaforme, nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché nei contratti di prestazione occasionale è tenuto, nei limiti della compatibilità, a rispettare tali obblighi informativi.
Il legislatore ha previsto che le disposizioni normative e di CCNL relative alle informazioni che devono essere comunicate dai datori di lavoro, sono disponibili in modo chiaro e trasparente tramite il sito istituzionale del Ministero del Lavoro. Allo stesso modo, per le Pubbliche Amministrazioni, le informazioni sono rese tramite il sito del Dipartimento della Funzione Pubblica.
2.2. Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (Art. 4, comma 1, lett. b)
Il Decreto Legislativo ha inserito il comma 1-bis dopo l’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997, prevedendo per il datore di lavoro o il committente pubblico e privato l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni, nonché́ indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo il disposto dell’art. 4 L. n. 300/1970 sui controlli.
Il Decreto prevede, altresì, l’obbligo di fornire al lavoratore ulteriori informazioni, tra cui la logica ed il funzionamento di tali sistemi, le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmarli o addestrarli, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni, le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità.
Il lavoratore, direttamente o per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, ha diritto di accedere ai dati e di richiedere le ulteriori informazioni concernenti gli obblighi di cui sopra, che dovranno essere trasmessi dal datore di lavoro o dal committente, per iscritto, entro trenta giorni dalla richiesta.
Inoltre, il datore di lavoro o il committente, sono tenuti ad integrare l’informativa con le istruzioni per il lavoratore in merito alla sicurezza dei dati e all’aggiornamento del registro dei trattamenti riguardanti le attività suindicate.
Il datore di lavoro o il committente deve comunicare ai lavoratori le informazioni in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico. La comunicazione deve essere effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) o alla rappresentanza sindacale unitaria (RSU). Qualora l’azienda ne sia priva, la comunicazione deve avvenire alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative in ambito nazionale.
Con riferimento alla protezione dei dati personali dei lavoratori, il datore di lavoro, in base agli strumenti utilizzati per lo svolgimento della prestazione lavorativa, è tenuto ad effettuare un’analisi dei rischi ed una valutazione d’impatto degli stessi trattamenti, procedendo ad una consultazione preventiva del Garante della privacy ove sussistano i presupposti previsti dall’art. 36 del Regolamento (UE) 2016/679.
Su richiesta del lavoratore (anche per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali), il datore di lavoro o il committente, è tenuto a trasmettere i dati e le informazioni concernenti gli obblighi suindicati, entro 30 giorni dalla richiesta.
I lavoratori, almeno 24 ore prima, devono essere informati per iscritto di eventuali modifiche incidenti sulle informazioni fornite, che comportino variazioni delle condizioni di svolgimento del lavoro.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e l’Ispettorato Nazionale possono richiedere la comunicazione delle medesime informazioni e dati e l’accesso agli stessi.
2.3. Prestazioni di lavoro all’estero (Art. 4, comma 1, lett. c)
Il Decreto ha sostituito l’art. 2 del D.Lgs. n. 152/1997, prevedendo che, nell’ipotesi di distacco all’estero, in uno Stato membro UE o in uno Stato terzo, di un lavoratore nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, il datore di lavoro è tenuto ad informarlo, per iscritto e prima della partenza, di qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro, nonché fornirgli le seguenti ulteriori informazioni:
– il paese o i paesi in cui deve essere svolto il lavoro all’estero e la durata prevista;
– la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
– le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti;
– ove sia previsto il rimpatrio, le condizioni che lo disciplinano;
– la retribuzione cui ha diritto il lavoratore conformemente al diritto applicabile dello Stato membro ospitante;
– le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio;
– l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.
Il Decreto prevede, altresì, che al lavoratore inviato in missione all’estero per un periodo superiore a 4 settimane, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto, prima della partenza, qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro nonché le ulteriori informazioni di cui all’art. 1, comma 1 lett. a-d del Decreto in esame.
Gli obblighi informativi di cui sopra non si applicano al personale dipendente di Amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, né ai lavoratori marittimi ed ai lavoratori della pesca.
2.4. Modifiche degli elementi del contratto dopo l’assunzione (art. 4, comma 1, lett. d)
Il Decreto prevede, infine, che il datore di lavoro e il committente pubblico e privato comunichino per iscritto al lavoratore, entro il primo giorno di decorrenza degli effetti della modifica, qualsiasi variazione degli elementi di cui agli articoli 1, 1-bis e 2 che non derivi direttamente dalla modifica di disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle clausole del contratto collettivo.
2.5. Sanzioni (Art. 4, comma 1, lett. e), e art. 5, comma 4)
Qualora il datore di lavoro non fornisca al lavoratore le informazioni obbligatorie a cui è tenuto (art. 1, commi da 1 a 4 del D.Lgs. n. 152/1997), ovvero le effettui in ritardo o in modo incompleto, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.
Viene applicata la medesima sanzione nell’ipotesi di distacco all’estero di un lavoratore nell’ambito di una prestazione transazionale di servizi, qualora il datore di lavoro non provveda ad informarlo, per iscritto e prima della partenza, di qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro.
La sanzione verrà irrogata dall’Ispettorato nazionale del lavoro previa denuncia da parte del lavoratore e previo accertamento ispettivo.
Inoltre, è prevista, per ciascun mese di riferimento, una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro, ferma restando la configurabilità di eventuali violazioni in materia di protezione dei dati personali, qualora il datore di lavoro ometta, ovvero effettui in ritardo o in modo incompleto, le ulteriori comunicazioni previste in caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
A ciò si aggiunga che, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori verrà applicata una sanzione amministrativa da 400 a 1.500 euro; se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori, verrà applicata una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro e non ne è ammesso il pagamento in misura ridotta.
Invece, nel caso in cui il datore di lavoro non comunichi al lavoratore ed alle rappresentanze sindacali, le informazioni suindicate in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico, è soggetto, per ciascun mese in cui si verifica la violazione, ad una sanzione amministrativa da 400 a 1.500 euro.
Per completezza, si precisa che per le Pubbliche amministrazioni le violazioni degli artt. 1, 1bis, 2, 3 e 5 del D.Lgs. n. 152/1997 sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale nonché ai fini della misurazione della performance ai sensi dell’art. 7 del D.lgs. n. 150/2009.
3. ULTERIORI MODIFICHE A DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
Tra le varie ulteriori modifiche apportate dal Decreto in esame, si segnalano quelle relative al lavoro intermittente e al contratto di somministrazione.
3.1. Lavoro intermittente (Art. 5, comma 2, lett. a)
Il Decreto prevede che il contratto di lavoro intermittente, oltre a contenere, ai fini della prova, le informazioni di cui al D.lgs. 152/1997 come modificato, debba contenere anche i seguenti elementi: la natura variabile della programmazione del lavoro, la durata e le ipotesi oggettive e soggettive che consentono la stipulazione del contratto, il luogo e le modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore, il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita con l’indicazione dell’ammontare delle eventuali ore retribuite garantite al lavoratore e della retribuzione dovuta per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite nonché la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, le forme e le modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, nonché le modalità di rilevazione della prestazione, i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità e le eventuali fasce orarie e i giorni predeterminati in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative.
3.2. Contratto di somministrazione (Art. 5, comma 2, lett. b)
Quanto alla somministrazione, si prevede che le informazioni da fornire al lavoratore prima dell’invio in missione presso il soggetto utilizzatore, devono essere integrate con quelle previste dal D.Lgs. n. 152/1997 come modificato.
4. PRESCRIZIONI MINIME RELATIVE ALLE CONDIZIONI DI LAVORO
Il Decreto Legislativo riconosce, altresì, ai lavoratori una serie di nuovi diritti materiali per offrire una maggiore tutela alle condizioni di lavoro.
4.1. Durata massima del periodo di prova (Art. 7)
Viene confermata la durata massima del periodo di prova che non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi.
Con riferimento al rapporto di lavoro a tempo determinato, il Decreto ha previsto che il periodo di prova deve essere stabilito in misura proporzionale non solo alla durata del contratto, ma anche alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Inoltre, in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni, non potrà essere previsto un nuovo periodo di prova.
Il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza, in caso di sopravvenienza di eventi, quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori.
Per le Pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi l’articolo 17 del D.P.R. n. 487/1994, in base al quale, la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste.
4.2. Cumulo di impieghi (Art. 8)
In merito al cumulo degli impieghi da parte del lavoratore, viene stabilito che il datore di lavoro non può vietare a quest’ultimo di svolgere un’altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione concordata né, per tale motivo, riservargli un trattamento meno favorevole.
Tuttavia, sono previste delle deroghe nell’ipotesi in cui:
– possa derivare per il lavoratore un pregiudizio per la sua salute e sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata e di riposi;
– sia necessario garantire l’integrità del servizio pubblico;
– la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c..
Tali regole vengono, altresì, estese al committente nell’ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuative ex art. 409, n. 3 c.p.c. e alle collaborazioni etero-organizzate ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.
Per quanto riguarda le Pubbliche amministrazioni, resta ferma la disciplina di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001.
4.3. Prevedibilità minima del lavoro (Art. 9)
Il Decreto prevede che, qualora con riferimento alla tipologia del rapporto di lavoro, l’organizzazione del lavoro sia interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, salvo che ricorrano entrambe le seguenti condizioni:
– il lavoro si svolga entro ore e giorni di riferimento predeterminati (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p), numero 2), del D.Lgs. n. 152/1997);
– il lavoratore sia informato dal suo datore di lavoro sull’incarico o la prestazione da eseguire, con il ragionevole periodo di preavviso (art. 1, comma 1, lett. p), numero 3) del D.Lgs. n.152/1997).
Il lavoratore ha diritto, in assenza di una o entrambe le condizioni, di rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.
Il datore di lavoro che abbia stabilito, conformemente ai criteri individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero delle ore minime retribuite garantite deve informare il lavoratore:
– del numero delle ore minime retribuite garantite su base settimanale, nella misura indicata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
– delle maggiorazioni retributive, in misura percentuale rispetto alla retribuzione oraria base, spettanti per le ore lavorate in aggiunta alle ore minime retribuite garantite.
Qualora, nell’ambito dei rapporti di lavoro suindicati, il datore di lavoro revochi un incarico o una prestazione di lavoro precedentemente programmati, senza un ragionevole periodo di preavviso, è tenuto a riconoscere al lavoratore la retribuzione inizialmente prevista per la prestazione pattuita dal contratto collettivo, ove applicabile o, in mancanza, una somma a titolo di compensazione per la mancata esecuzione dell’attività lavorativa, la cui misura non può essere in ogni caso inferiore al 50 per cento del compenso inizialmente pattuito per la prestazione annullata.
Tali disposizioni vengono, altresì, estese al committente nell’ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuative ex art. 409, n. 3 c.p.c. e alle collaborazioni etero-organizzate ex art. 2 comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, ma non vengono estese ai lavoratori marittimi e ai lavoratori del settore della pesca.
4.4. Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (Art. 10)
Il Decreto prevede che, il lavoratore, una volta maturata un’anzianità di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e completato l’eventuale periodo di prova, possa richiedere all’azienda che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. In caso di risposta negativa, il lavoratore può presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dalla precedente.
Tale facoltà può essere esercitata a condizione che il lavoratore interessato manifesti per iscritto la propria volontà al datore di lavoro o al committente.
Entro un mese dalla richiesta del lavoratore, il datore di lavoro o il committente devono fornire risposta scritta motivata. In caso di richiesta reiterata da parte del lavoratore di analogo contenuto, le persone fisiche, in qualità di datori di lavoro o le imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti, possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente.
Le sopracitate previsioni non si applicano ai lavoratori alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, ai lavoratori marittimi e del settore della pesca ed ai lavoratori domestici.
4.5. Formazione obbligatoria (Art. 11)
Il Decreto prevede che, qualora il datore di lavoro sia tenuto, secondo previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, ad erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione, da garantire gratuitamente a tutti i lavoratori, deve essere considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso.
Tale obbligo non riguarda la formazione professionale o la formazione necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla secondo la legge o la contrattazione collettiva.
Rimangono ferme le disposizioni in materia di formazione ed informazione di cui agli artt. 36 e 37 del D.Lgs. n. 81/2008.
5. MISURE DI TUTELA
Il Decreto Legislativo prevede, inoltre, misure volte a tutelare i lavoratori nel caso di violazione dei loro diritti.
5.1. Meccanismi di risoluzione rapida e diritto di ricorso (Art. 12)
Ferma restando la facoltà di adire l’Autorità giudiziaria e amministrativa e salvo specifiche procedure previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, è previsto, in caso di violazione dei diritti previsti dal presente decreto e dal D.Lgs n. 152/1997 per i lavoratori, compresi coloro il cui rapporto di lavoro è cessato, la possibilità di promuovere il tentativo di conciliazione previsto dagli artt. 410 e 411 del c.p.c., ovvero di ricorrere al Collegio di conciliazione ed arbitrato di cui agli artt. 412 e 412-quater del c.p.c.
A ciò si aggiunga, la possibilità di rivolgersi alle camere arbitrali previste dall’art. 31, comma 12, della Legge n. 183/2010.
5.2. Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli (Art. 13)
Il Decreto prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione di un’ammenda da 250 euro a 1500 euro, nell’ipotesi in cui vengano adottati comportamenti di carattere ritorsivo o che, comunque, determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti che abbiano presentato un reclamo al datore dì lavoro o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui al presente Decreto e di cui al D.Lgs. n. 152/1997, ferma ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dall’invalidità dell’atto.
In tali ipotesi, i lavoratori possono rivolgersi all’Ispettorato Nazionale del Lavoro che applica la suddetta sanzione e la denuncia può essere presentata dall’interessato o dall’organizzazione sindacale delegata dal medesimo.
5.3. Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente e onere della prova (Art. 14)
Sono vietati il licenziamento ed i trattamenti pregiudizievoli nei confronti del lavoratore che eserciti i diritti previsti dal Decreto in esame e dal D.Lgs. n. 152/1997.
Fatta salva la disciplina di cui all’art. 2 della Legge n. 604/1966 in merito alla comunicazione del licenziamento, i lavoratori estromessi dal rapporto o comunque destinatari di misure equivalenti al licenziamento adottate nei loro confronti dal datore di lavoro o dal committente possono fare espressa richiesta al medesimo dei motivi delle misure adottate. Il datore di lavoro o il committente fornisce, per iscritto, tali motivi entro sette giorni dall’ istanza.
Fatta salva la disciplina secondo cui spetta al datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento (art. 5 della Legge n. 604/1966), qualora il lavoratore faccia ricorso all’Autorità giudiziaria competente, lamentando la violazione dei diritti suindicati, incombe sul datore di lavoro o sul committente l’onere di provare che i motivi addotti a fondamento del licenziamento o degli altri provvedimenti equivalenti adottati a carico del lavoratore non siano riconducibili ai diritti medesimi.
5.4. Disposizioni transitorie (Art. 16)
Le disposizioni del Decreto in esame si applicano anche a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022.
Si precisa che, il datore di lavoro o il committente, su richiesta scritta del lavoratore già assunto alla data del 1° agosto 2022, è tenuto a fornire, aggiornare o integrare entro sessanta giorni le informazioni richieste dal Decreto.
L’assenza di richiesta non preclude al lavoratore il diritto alle prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro di cui al Decreto (artt. 7-11).
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