Abuso dei contratti a termine: inasprimento delle sanzioni con il Decreto “Salva Infrazioni”

In data 17 settembre 2024 è entrato in vigore il Decreto Legge del 16 settembre 2024, n. 131 c.d. “Decreto Salva Infrazioni” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 217 del 16 settembre 2024 e contenente “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”.

In materia di lavoro si segnalano l’art. 11, per il settore privato (intitolato “Modifiche all’articolo 28 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di indennità risarcitoria onnicomprensiva prevista per gli abusi pregressi per il settore privato – Procedura di infrazione 2014/4231”) e l’art. 12, per il pubblico impiego (intitolato “Modifiche all’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, in materia di disciplina della responsabilità risarcitoria per l’abuso di utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato – Procedura d’infrazione n. 2014/4231”) che hanno apportato significative modifiche alla disciplina dei contratti a termine.

Di seguito le novità apportate:

Nel settore privato, l’art. 11 ha modificato l’art. 28 del D. Lgs. n. 81/2015 c.d. “Testo unico sui contratti di lavoro” che, in caso di abuso della normativa sui contratti a termine, prevedeva la facoltà per il giudice di trasformare il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, oltre che di condannare il datore di lavoro al risarcimento del danno, stabilendo un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR.

Il sopracitato art. 11 ha integrato il comma 2 del suddetto articolo prevedendo la possibilità per il giudice, nel caso in cui il lavoratore dimostri di aver subito un maggior danno, di stabilire un’indennità superiore alle 12 mensilità senza fissare un tetto massimo.

Il Decreto Salva Infrazioni (art. 11, lett. b) ha inoltre abrogato il terzo comma del medesimo art. 28 D. Lgs. n. 81/2015 che stabiliva, in presenza di contratti collettivi che prevedevano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, una riduzione pari alla metà dell’indennità massima di 12 mensilità.

Nel settore del pubblico impiego, l’art. 12 ha modificato l’art. 36, commi 3, 4 e 5, della L. 165/2001 (normativa vigente per i contratti a termine nel pubblico impiego), stabilendo espressamente l’entità del risarcimento da riconoscere al lavoratore in caso di danno conseguente all’abuso nell’utilizzo del contratto a termine. Tale articolo, infatti, prevede che il giudice, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, dovrà condannare la Pubblica Amministrazione ad un’indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR. La disposizione in esame precisa altresì che il parametro in funzione del quale il giudice è chiamato a individuare tale indennizzo è la “gravità della violazione” da determinarsi, anche in rapporto al numero dei contratti intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto con la Pubblica Amministrazione. Resta fermo naturalmente il divieto di trasformare il contratto a termine illegittimo in contratto a tempo indeterminato, in osservanza dell’art. 97 Cost. che impone la regola concorsuale per il reclutamento del personale della Pubblica Amministrazione.

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