La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3416 del 22 febbraio 2016, ha affermato che, nella valutazione complessiva della proporzionalità tra l’infrazione e la sanzione disciplinare irrogata al lavoratore, rientra non solo l’illiceità in senso oggettivo della condotta, ma anche l’intensità o – come nella specie – la tenuità dell’elemento psicologico del lavoratore.
In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello che aveva respinto la domanda di accertamento proposta dal datore di lavoro e diretta a far dichiarare la legittimità delle sanzioni disciplinari della multa e della sospensione dal servizio e dalla retribuzione pari ad un giorno, irrogate ad un lavoratore per essere stato immotivatamente assente in coincidenza con il proprio turno domenicale di lavoro, adducendo ragioni di culto e presentandosi, invece, al lavoro nei giorni di riposo settimanale.
Nella specie, è stato, infatti, valorizzato un certo grado di affidamento indotto dal comportamento aziendale, che aveva portato il lavoratore a ritenere che sarebbe stato mantenuto un atteggiamento di tolleranza riguardo alla mancata prestazione del lavoro domenicale. È, inoltre, stata valorizzata l’offerta della prestazione lavorativa offerta dal lavoratore nel suo giorno di riposo settimanale, condotta che, seppure priva di valore scriminante, esprime un atteggiamento collaborativo manifestato dal lavoratore per compensare l’assenza. Infine, è stato valorizzato il contesto complessivo della vicenda in cui l’infrazione si era collocata, ovvero una iniziativa sindacale in corso e una richiesta individuale di non assegnazione a turni domenicali per motivi religiosi (esercizio del diritto di culto), circostanze di cui il datore di lavoro era a piena conoscenza e avevano portato nel periodo immediatamente successivo alla soppressione del turno domenicale.