La Corte di Cassazione, sezione penale, con sentenza n. 33567 del 1 agosto 2016, ha statuito che l’utilizzo di videoriprese per controllare l’eventuale falsificazione degli orari di entrata e di uscita dei lavoratori è lecito, in quanto le garanzie procedurali previste dall’art. 4 della L. 300/1970 (cd. Statuto dei Lavoratori) non trovano applicazione quando si proceda all’accertamento di fatti che costituiscono reato. Tali garanzie, infatti, riguardano solo l’utilizzabilità delle risultanze delle apparecchiature di controllo nei rapporti interni, di diritto privato, fra datore di lavoro e lavoratore e la loro eventuale inosservanza non assume pertanto alcun rilievo nell’attività di repressione di fatti costituenti reato, al cui accertamento corrisponde sempre l’interesse pubblico alla tutela del bene penalmente protetto, anche qualora sia possibile identificare la persona offesa nel datore di lavoro.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha respinto il ricorso di due dipendenti comunali che, accusati di truffa per aver falsificato gli orari di entrata e uscita nell’ente locale, avevano contestato la regolarità delle telecamere apposte all’ingresso dei locali di lavoro, rivendicando la violazione delle garanzie previste dall’art. 4, secondo comma, della L. 300/1970.