La Corte di Cassazione, con sentenza del 2 maggio 2016 n. 8606, ha affermato che, nell’atto transattivo intervenuto tra le parti del rapporto di lavoro, i crediti e i diritti cui il lavoratore rinuncia devono essere specificatamente indicati, in modo da rendere edotto chiaramente il lavoratore delle proprie rinunce.
In particolare, secondo la Suprema Corte, la locuzione di “non aver nulla a pretendere” non soddisfa il predetto principio di chiarezza, in quanto è estremamente generica e non sempre è in grado di richiamare l’attenzione del lavoratore sui molteplici diritti che scaturiscono dal rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, il lavoratore aveva precedentemente sottoscritto una transazione a chiusura del rapporto di lavoro, successivamente rivendicando altri diritti anche di carattere economico.
La Corte Suprema ha ritenuto che l’accordo in questione non poteva assumere natura di transazione, a causa del suo contenuto generico, trattandosi piuttosto di una semplice quietanza liberatoria sottoscritta dal lavoratore e, quindi, di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale.