La Suprema Corte con sentenza n. 22489 del 4 novembre 2016, ha statuito che per aversi tacito mutuo consenso volto a risolvere il rapporto di lavoro o comunque a non proseguirlo, non basta il mero decorso del tempo fra il licenziamento e la relativa impugnazione giudiziale, ma è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze il cui onere di allegazione spetta al datore di lavoro, ovvero alla parte che eccepisce il tacito mutuo consenso.
Pertanto, secondo i Giudici di legittimità, non costituiscono significative circostanze, come nella fattispecie esaminata, l’avere il lavoratore trovato, nelle more del giudizio, una nuova occupazione e/o l’aver percepito il TFR, trattandosi di comportamenti non interpretabili come tacita dichiarazione di rinuncia al diritto di accertamento. Infatti, secondo la comune esperienza “nelle more della preparazione di un ricorso e di conclusione del relativo giudizio, il lavoratore ha sempre l’urgenza di cercare una nuova fonte di sostentamento per sé e per la propria famiglia”.