La Corte di Cassazione, con sentenza del 17 marzo 2016, n. 5310, ha affermato che, se il lavoratore rimane inoccupato per nove anni dopo il licenziamento, la prova della mancata ricerca di un’occupazione, ai fini della riduzione del risarcimento, in caso di illegittimità del licenziamento, ricade sul datore di lavoro.
Nella specie, una Società aveva proposto ricorso per cassazione avverso una sentenza dichiarativa dell’illegittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato ad una dipendente. La Società aveva impugnato la sentenza anche nella parte in cui ha previsto la condanna al risarcimento del danno per tutto il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quello della effettiva reintegrazione (nove anni), senza effettuare alcuna indagine in merito ad altre attività lavorative della dipendente e, in ogni caso, senza considerare che, un così lungo periodo di disoccupazione, avrebbe integrato presuntivamente il concorso del danneggiato nella causazione del danno, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c., per il quale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
La Corte di Cassazione ha rigettato anche questo motivo di ricorso rilevando che, nonostante “aliunde perceptum” (redditi da lavoro o indennità percepite dal lavoratore) e l’ “aliunde percipiendum” (redditi da lavoro o indennità che il lavoratore avrebbe potuto percepire) siano rilevabili anche d’ufficio, tuttavia, il loro riconoscimento non può essere fondato sulla base di meri elementi presuntivi, ma necessitano di precise allegazioni in merito.
Per questo motivo, anche l’attivazione dei poteri d’indagine ufficiosi del Giudice, è ammissibile solo ove fondata su allegazioni e non su mere richieste esplorative.
In senso conforme al principio di cui sopra, si è espressa la sentenza n. 6049 del 29 marzo 2016, con cui la Suprema Corte ha ribadito che, nei giudizi concernenti l’impugnativa di un licenziamento, l’”aliunde perceptum” non costituisce eccezione in senso stretto, ma è rilevabile d’ufficio dal Giudice, anche senza che sia stata formulata espressamente da una delle parti; pertanto, nel caso di specie, è stata considerata rilevante e, quindi, acquisita agli atti del giudizio, la circostanza, provata attraverso il deposito di un documento rilasciato all’ex datore di lavoro dal Centro per l’impiego, che l’ex dipendente avesse lavorato successivamente alla data del recesso.