La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29 del 3 gennaio 2020, ha affermato che, nell’ambito del contratto di somministrazione di lavoro, la violazione del limite massimo di 6 proroghe nell’arco di 36 mesi previsto dall’art. 42 del c.c.n.l per la categoria delle agenzie di somministrazione, può ritenersi sussistente solo ove il lavoratore dimostri la condotta fraudolenta del datore di lavoro il quale, attraverso la stipulazione di un successivo contratto di somministrazione senza soluzione di continuità, eluda il divieto di prorogare non più di sei volte il precedente contratto.
Nella fattispecie in esame, la Corte Suprema ha ritenuto che la società datrice di lavoro avesse allegato prova, per ciascun contratto, delle effettive esigenze indicate nelle singole causali e del loro carattere di temporaneità, così da escludere che i contratto fossero stati stipulati per esigenze meramente pretestuose, simulate o evanescenti.