La Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in materia del c.d. “patto di demansionamento” ribadendo che è possibile procedere ad un demansionamento del lavoratore, con l’attribuzione allo stesso sia di mansioni che, eventualmente, di una conseguente retribuzione inferiore, qualora ciò sia frutto di un accordo finalizzato a non far perdere il posto al lavoratore stesso. Tale, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 18269 del 22 agosto 2006 con cui la Suprema Corte ha, inoltre, evidenziato che l’accertamento della sussistenza dei requisiti idonei a legittimare l’accordo – individuati nella effettività della condizione pregiudizievole che si vuole evitare e nel consenso del lavoratore validamente prestato – costituisce indagine di fatto rimessa al giudice di merito.