La Corte di Cassazione con sentenza n. 12101 del 13 giugno 2016, ha ribadito il principio, espresso recentemente anche con le sentenze nn. 5582 e 5592 del 2016 (vd. Newsletter del 20 aprile e 4 maggio 2016), secondo cui, l’onere di dimostrare l’impossibilità di repechage (ovvero di ricollocamento in altre posizioni analoghe a quella soppressa del lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo) incombe esclusivamente sul datore di lavoro ed il lavoratore non ha alcun obbligo di allegazione né di cooperazione in merito.
Viene di conseguenza nuovamente disatteso l’orientamento giurisprudenziale che, sulla base del principio di cooperazione tra le parti del giudizio, imponeva al lavoratore licenziato di indicare le posizioni od i reparti in cui avrebbe potuto essere reimpiegato, anche in mansioni inferiori, per evitare il licenziamento.
Per il datore di lavoro questo onere di provare l’inesistenza di posizioni vacanti ove utilmente impiegare il lavoratore licenziato, si cumula a quello della dimostrazione di non aver effettuato assunzioni in qualifiche analoghe a quella del lavoratore licenziato per un congruo periodo dopo il recesso.