Con ordinanza n. 8148 del 3 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità risarcitoria di cui all’art. 32, l. n. 183/2010 (oggi prevista in simili termini dall’art. 28, d. lgs. 81/2015) deve essere corrisposta ogniqualvolta un contratto di lavoro a tempo determinato sia convertito in contratto a tempo indeterminato. Pertanto, anche nel caso in cui sia accertata la nullità di un contratto di somministrazione a tempo determinato, convertito in contratto a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore, il datore di lavoro, ai sensi del suddetto articolo, deve essere condannato a risarcire il danno al lavoratore.
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Venezia aveva dichiarato nullo il rapporto di somministrazione a termine, instaurato per fronteggiare punte di intensa attività – non provate – della società, e aveva, quindi, disposto la riammissione in servizio del lavoratore alle dipendenze dell’utilizzatore, condannando quest’ultimo altresì a risarcire il danno dalla data della messa in mora fino a quella della riammissione in servizio.
La Suprema Corte ha cassato parzialmente la sentenza di secondo grado, ritenendo applicabile anche al caso di specie l’art. 32, l. n. 183/2010 che prevedeva, nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, la condanna del datore a corrispondere al lavoratore un’indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.