La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1743 del 24 gennaio 2017, ha affermato che la mera comunicazione datoriale di collocamento a riposo del dipendente, emessa sulla base della clausola che prevede l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro al conseguimento della massima anzianità contributiva, non integra un’ipotesi di licenziamento; da ciò ne consegue, in assenza dell’esercizio del diritto di opzione da parte del lavoratore per la prosecuzione del rapporto di lavoro, che non è dovuta a quest’ultimo l’indennità sostitutiva del preavviso.
Nel caso di specie, la Corte territoriale, premesso che la società aveva comunicato il recesso al lavoratore con circa un anno di preavviso, precisando che il rapporto di lavoro sarebbe cessato alla data in cui lo stesso avesse compiuto 65 anni di età, aveva dichiarato la nullità della clausola di risoluzione automatica del rapporto al raggiungimento dell’età pensionabile, perché in contrasto con la normativa civilistica che impone per la risoluzione del rapporto di lavoro il preavviso ai sensi degli artt. 2118 e 2119 c.c., ad eccezione dei casi di risoluzione per mutuo consenso e per scadenza del termine.
La Suprema Corte, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, ha invece ritenuto che la predetta comunicazione esprime solo la volontà datoriale di avvalersi di un meccanismo risolutivo previsto in sede di autonomia negoziale e, pertanto, ne deriva la non debenza dell’indennità sostitutiva del preavviso.