Con sentenza n. 23347 del 27 settembre 2018, la Corte di Cassazione, in materia di licenziamenti collettivi per riduzione del personale ex lege 223/1991, ha sancito che, quando un progetto di ristrutturazione aziendale si riferisce in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’impresa, la scelta dei lavoratori da licenziare, salvo la presenza di oggettive esigenze aziendali, deve essere effettuata non sulla base del concetto di “mansioni identiche” bensì su quello di “professionalità equivalente” a quella di addetti ad altre realtà organizzative.
La Suprema Corte ha precisato che per “professionalità equivalente” si debba intendere il complesso di attitudini, prerogative e potenzialità del dipendente in grado di differenziare ovvero di omologare qualitativamente le sue professionalità rispetto alle mere differenze di mansioni da questi in concreto svolte.
Nel caso di specie il Collegio giudicante ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano che, nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, aveva sancito l’illegittimità del licenziamento dei lavoratori impiegati nel reparto soppresso, posto che tali dipendenti possedevano professionalità equivalenti a quelle di addetti di altri reparti e, quindi, avrebbero potuto essere ricollocati in un’altra unità produttiva.