Con ordinanza n. 9158 del 21 marzo 2022, la Corte di Cassazione è intervenuta in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato per sopravvenuta inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
In particolare, la Corte ha affermato che la violazione, da parte del datore di lavoro, dell’onere di provare in giudizio l’asserita impossibilità del repêchage, può comportare la reintegrazione del lavoratore per difetto di giustificazione – ex art. 18, comma 7 Stat. Lav. – solamente qualora ove il datore abbia completamente mancato di fornire la prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad alternative mansioni possibili, e quindi siano da considerarsi manifestamente assenti i fatti posti a base del licenziamento. Al contrario, qualora vengano offerti elementi di prova meramente insufficienti ovvero opinabili e non univoci, occorre applicare la tutela dettata dal comma 5 del medesimo art. 18 Stat. Lav, ossia la risoluzione del rapporto di lavoro e la condanna del datore al pagamento di un’indennità compresa tra le dodici e le ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.