La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13534 del 20 maggio 2019, ha statuito la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato dall’azienda ad una propria dipendente che aveva reagito, in presenza di altre dipendenti e di un cliente, allo schiaffo ricevuto da una collega di lavoro.
Secondo i giudici di legittimità, anche qualora vi sia la corrispondenza tra il comportamento del lavoratore e la fattispecie tipizzata contrattualmente come giusta causa di licenziamento disciplinare, il giudice di merito deve comunque effettuare un accertamento della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente, anche sotto il profilo della colpa o del dolo nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, essendo necessario che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa anche sotto il profilo soggettivo.
Secondo la Corte di Cassazione, che ha confermato la legittimità del licenziamento intimato, i Giudici di secondo grado avevano correttamente effettuato una valutazione in concreto degli elementi di fatto, atteso che la lavoratrice non si era limitata a reagire all’altrui aggressione, ma conoscendo il carattere violento ed aggressivo della collega, aveva volontariamente creato una situazione di pericolo, provocandola ed intimandole, alla presenza di altri colleghi e clienti, di comportarsi in un determinato modo.
La Corte ha anche precisato in generale che, qualora la condotta addebitata quale causa del licenziamento sia prevista come infrazione sanzionabile con misura conservativa, il giudice non può ritenere legittimo il recesso, “dovendosi attribuire prevalenza alla valutazione di minore gravità di quel peculiare comportamento, come illecito disciplinare di grado inferiore, compiuta dall’autonomia collettiva nella graduazione delle mancanze disciplinari”.