La Suprema Corte, con la sentenza n. 18377 del 23 agosto 2006, nel rigettare il ricorso del lavoratore, ha confermato le pronunce emesse nelle precedenti fasi di merito che avevano ritenuto legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che aveva fatto un uso, pressoché quotidiano, in sede di timbratura del cartellino in entrata ed in uscita, di una scheda magnetizzata diversa dal badge personalizzato fornito dall’azienda. In tal modo veniva impedita l’individuazione della persona ed eluso ogni riscontro. Nella specie il codice disciplinare prevedeva esclusivamente le ipotesi di uso improprio del tesserino personale, o l’uso da parte o per conto di altro dipendente non ancora o non più presente in azienda. Pur a fronte dell’assenza della previsione specifica nel codice disciplinare – ha affermato la Corte – non poteva essere esclusa nella fattispecie l’illiceità del comportamento del lavoratore, in quanto il comportamento contestato, costituiva violazione di un dovere fondamentale, non essendo necessaria alcuna previsione disciplinare e derivando il potere sanzionatorio direttamente dalla legge. Per gli stessi motivi nella fattispecie doveva considerarsi irrilevante la mancata affissione del codice disciplinare. Secondo la Suprema Corte deve distinguersi tra illeciti relativi alla violazione di prescrizioni riconducibili alla organizzazione aziendale che quindi devono essere resi noti a tutti i lavoratori, e quelli manifestamente contrari agli interessi dell’impresa e della collettività per i quali non necessita la inclusione nel codice disciplinare.