In tema di licenziamento, la Suprema Corte, con sentenza n. 11027 del 5 maggio 2017, ha ribadito che, sostanziandosi la giusta causa o il giustificato motivo in una nozione legale, le eventuali difformi previsioni della contrattazione collettiva non vincolano il giudice di merito. La Corte ha precisato poi che il giudice ha il dovere, in primo luogo, di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive al disposto dell’art. 2106 c.c. e rilevare la nullità di quelle che prevedono come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento condotte per loro natura assoggettabili solo ad eventuali sanzioni conservative. Il giudice non può, invece, fare l’inverso, cioè estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggettivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti, nel senso che condotte pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l’autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse sanzioni meramente conservative, nella specie, si era verificato un violento alterco solo verbale tra un dipendente ed il suo superiore e la norma collettiva aveva assoggettato espressamente tale condotta alla mera sanzione conservativa.