La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 23100 dell’11 novembre 2016 ha ribadito il principio secondo cui in caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale, i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, seppur individuati in un accordo con le associazioni sindacali che li rappresentano, devono rispettare i principi di non discriminazione e di razionalità. In particolare, quest’ultimo principio impone che i criteri concordati debbano essere obiettivi e generali, oltre che essere coerenti con il fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori.
Nello specifico, l’Azienda, nell’ambito di una riorganizzazione volta alla riduzione dei costi, aveva attivato una procedura di esodo volontario incentivato e, all’esito, una procedura di licenziamento collettivo.
Nel primo accordo, veniva in particolare previsto che, al fine di salvaguardare la funzionalità delle strutture operative ed organizzative-strategiche del Gruppo, la Società si riservava la possibilità di posticipare la data di risoluzione del rapporto di lavoro limitatamente ad alcuni dipendenti aventi “posizioni con contenuti specialistici e/o commerciali di particolare rilevanza” e “per un periodo massimo di 9 mesi e comunque nell’ambito di valenza del Piano Strategico”. La Società, anche nel corso della procedura di licenziamento collettivo richiamava tale possibilità di proroga della risoluzione e, pertanto, tali lavoratori, pure in forza all’Azienda, erano stati esentati dalla procedura di licenziamento.
Ciò premesso, è stato ritenuto illegittimo, per violazione dei criteri di scelta, il licenziamento comminato all’esito di una procedura di mobilità, ex artt. 4 e 24 L. 223/1991, in quanto nell’accordo veniva escluso il licenziamento dei dipendenti aventi “posizioni con contenuti specialistici e/o commerciali di particolare rilevanza”, criterio del tutto generico e indeterminato.