La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4925 del 14 marzo 2016, ha affermato che la platea dei lavoratori interessati da un licenziamento collettivo può essere limitata anche solo agli addetti di una unità o stabilimento dell’azienda coinvolta dalla procedura, purché nella comunicazione, ai sensi dell’art. 4, co. 3 della legge n. 223/91, vengano precisate sia le ragioni connesse a tale limitazione, sia i motivi per cui si ritenga di non sostituire alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente più vicine a quella soppressa o ridotta.
In altri termini, occorre che l’imprenditore provveda ad una specifica illustrazione e chiara spiegazione dei motivi della chiusura di una determinata unità produttiva o della soppressione di una posizione lavorativa per esigenze tecnico-produttive e organizzative ad essa proprie, così da consentire quel proficuo coinvolgimento attivo delle organizzazioni sindacali e il loro controllo nell’ambito della formazione del processo decisionale, in funzione concertativa, non certo sostitutiva della scelta datoriale.
Allo luce di tale principio, nel caso di specie, è stato ritenuto illegittimo, per violazione dei criteri di scelta, un licenziamento collettivo avviato per riduzione del personale – ai sensi degli artt. 24 e 4 l. 223/91 – in conseguenza della cessazione dell’attività presso un sito produttivo, in cui era stato indicato, come unico criterio di scelta, l’appartenenza dei lavoratori all’organico dello stabilimento coinvolto e senza che fossero state indicate le ragioni di tale limitazione, nonchè i motivi del mancato trasferimento ad altri stabilimenti.