La Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 giugno 2016 n. 12823, ha dichiarato legittimo il licenziamento del dirigente derivante da esigenze di risparmio di spesa da parte dell’impresa in crisi.
In particolare, nel caso di specie, una società operante nel settore della distribuzione aveva intimato il licenziamento ad un dirigente a causa della riorganizzazione conseguente all’ingresso in azienda delle due figlie dell’amministratore unico e del calo di fatturato delle vendite, con conseguente riduzione dei costi.
I Giudici di legittimità, muovendo dall’assunto che il licenziamento del dirigente non richiede necessariamente un giustificato motivo oggettivo ed è consentito in tutti i casi in cui sia stato adottato in funzione di una riorganizzazione aziendale dettata da scelte imprenditoriali non arbitrarie e pretestuose, hanno affermato che il licenziamento de quo era giustificato alla luce dell’avvicendamento societario scaturito dall’esigenza economicamente apprezzabile in termini di risparmio, di assegnare ad una figlia dell’amministratore unico i compiti propri del dirigente, coordinatore degli agenti sul territorio italiano, svolti precedentemente dal dirigente.
La Suprema Corte ha, inoltre, evidenziato che non era stato dimostrato che l’avvicendamento fosse stato discriminatorio o contrario a buona fede, posto che la funzione del dipendente dirigente era stata definitivamente soppressa e le relative funzioni affidate ad un unico imprenditore e non a un altro dipendente o collaboratore con eguale qualifica.