Con sentenza n. 31396 del 2 dicembre 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini del licenziamento per giusta causa, rileva ogni grave condotta che possa minare la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la prosecuzione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali. Determinante in tal senso è la potenziale influenza del comportamento del lavoratore suscettibile – per le concrete modalità e il contesto di riferimento – di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, denotando scarsa inclinazione all’attuazione degli obblighi contrattuali in conformità a diligenza, buona fede e correttezza.
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore già soggetto a due sospensioni disciplinari nel corso del biennio precedente: la recidiva, infatti, dimostra l’insofferenza del dipendente verso gli obblighi contrattuali e il potere organizzativo del datore di lavoro.