Con sentenza n. 7566 del 27 marzo 2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore assente per malattia non può scegliere incondizionatamente di sostituire alla malattia la fruizione di ferie maturate e non godute, al fine di interrompere il periodo di comporto. Tuttavia, il datore di lavoro, in caso di una richiesta di conversione della malattia in ferie da parte del dipendente, è tenuto a svolgere una valutazione adeguata in considerazione della posizione di quest’ultimo, esposto alla perdita del posto di lavoro per la scadenza del periodo comporto: tale obbligo, non è configurabile qualora il dipendente abbia la possibilità di fruire di agevolazioni atte ad evitare la risoluzione del rapporto, quali il collocamento in aspettativa non retribuita. Nella fattispecie, la Suprema Corte ha dichiarato legittimo il licenziamento di una lavoratrice che si era collocata autonomamente in ferie alla scadenza del periodo di comporto, senza formulare alcuna richiesta di autorizzazione al godimento o conversione delle stesse e senza esprimere la volontà di collocarsi in aspettativa.