Con ordinanza n. 113 del 7 gennaio 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’esercizio del diritto di critica del dipendente nei confronti del datore di lavoro è legittimo se limitato a difendere la propria posizione soggettiva nel rispetto della verità e posto in essere con modalità e termini tali da non ledere il decoro del superiore gerarchico e da non determinare un pregiudizio per l’impresa.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al socio lavoratore di una cooperativa che aveva accusato l’ex presidente della stessa di essersi appropriato indebitamente di una somma di denaro, affermando che tale condotta, anche in ragione della gravità e specificità delle accuse mosse (e quindi del superamento dei limiti di continenza formale e sostanziale), integrasse un’ipotesi di grave insubordinazione verso i superiori.