Con la circolare n. 22 del 24 settembre 2014, il Ministero del Lavoro, interpretando estensivamente l’art. 3, co. 5, Legge n. 68/1999, ha precisato che la sospensione degli obblighi relativi al collocamento obbligatorio può essere riconosciuta, oltre che nelle ipotesi elencate nella suddetta disposizione (imprese che versino in crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione quali causali per la concessione del trattamento di CIGS o che abbiano stipulato contratti di solidarietà difensivi o ancora attivato una procedura di mobilità ex L. n. 223/1991), anche laddove il datore di lavoro abbia sottoscritto accordi ed attivato procedure di incentivo all’esodo ai sensi dell’art. 4, co. 1-7 ter, L. n. 92/2012 (cd. Riforma Fornero).
Quest’ultima previsione, in particolare, dispone che i datori di lavoro – a fronte di una situazione di crisi aziendale che abbia determinato eccedenze di personale – si possano impegnare, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, a corrispondere in favore di quest’ultimi (sempre che raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei quattro anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro) una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti e a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.
Nella stessa circolare viene, inoltre, chiarito che la sospensione dei succitati obblighi occupazionali nei confronti dei soggetti disabili deve però intendersi “limitata in proporzione al numero di lavoratori di cui è prevista la cessazione del rapporto all’esito della procedura di incentivo all’esodo, per la durata della procedura medesima e per il singolo ambito provinciale di attività“.