Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 6 del 24 ottobre 2018, ha risposto ad un’istanza di interpello relativa alla possibilità di non applicare al lavoratore intermittente la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003, in materia di orario di lavoro, per il caso in cui sia effettuato lavoro eccedente le 40 ore settimanali e, in particolare, se in tale ipotesi sia possibile erogare unicamente la retribuzione spettante per la prestazione svolta senza la maggiorazione per lavoro straordinario prevista dalla contrattazione collettiva.
Il Ministero, con riferimento al campo di applicazione della disciplina in materia di orario di lavoro, ha osservato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003, “è orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Pertanto, la suddetta disciplina si applica a tutte le forme di lavoro subordinato con riferimento ai tempi in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro. Inoltre, il D.Lgs. n. 81/2015, con riferimento al lavoro intermittente, ha previsto che il trattamento economico del lavoratore deve essere regolato dal principio di proporzionalità e da quello della non discriminazione e, pertanto, il lavoratore intermittente non deve ricevere per i periodi lavorati un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto ad un lavoratore di pari livello.
Per tale ragione, alla luce del suddetto quadro normativo, il Ministero ha chiarito che la facoltà concessa dalla legge al datore di lavoro di attivare il contratto di lavoro intermittente rispetto ad esigenze e tempi non predeterminabili, non consente di escludere l’applicazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario e delle relative maggiorazioni retributive, nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. 66/2003 e di quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.