La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7470 del 19 marzo 2020, ha ritenuto legittima la richiesta avanzata da un lavoratore nei confronti dell’INPS, per la corresponsione anticipata e integrale dell’indennità di mobilità, ai sensi dell’art. 7, comma 5 della L. n. 223/1991, a seguito del licenziamento e della sua collocazione in mobilità per 24 mesi.
La Corte ha ribadito, infatti, che, in base alla previsione dell’art. 7 comma 5 cit., l’erogazione anticipata dell’indennità può essere richiesta anche per intraprendere un’attività di natura imprenditoriale, senza sottoposizioni a limiti o a condizioni. Tale norma, secondo i giudici di legittimità, risponde alla ratio di agevolare l’inserimento nel lavoro dei lavoratori collocati in mobilità, così perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale e configurandosi, non già, come funzionale a sopperire ad uno stato di bisogno ma come un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolge in proprio. Peraltro, l’indennità non deve necessariamente essere richiesta prima dell’inizio dell’attività che si intende esercitare, ma può anche essere richiesta dopo aver intrapreso la suddetta attività autonoma.