Con sentenza n. 5513 dell’8 marzo 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un dirigente che aveva agito in giudizio per far accertare l’ingiustificatezza del licenziamento, irrogatogli nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ex L. 223/91, deducendo la contrarietà della normativa italiana – che, all’epoca dei fatti, non prevedeva l’estensione ai dirigenti della suddetta normativa – rispetto alla Direttiva europea 98/59/CE, chiedendo, quindi, la disapplicazione della norma interna nei suoi confronti.
La Suprema Corte ha stabilito che le Direttive europee vincolano solamente lo Stato cui sono dirette e, pertanto, in assenza di misure di attuazione, non possono di per sé imporre obblighi a carico dei singoli: ne deriva che una norma interna, seppur in contrasto con una direttiva comunitaria non attuata, non può essere disapplicata nei confronti del singolo.
La Corte di Cassazione ha, pertanto, stabilito che la procedura di licenziamento collettivo non trova applicazione nei confronti dei dirigenti licenziati prima dell’entrata in vigore della l. n. 161/2014; soltanto con quest’ultima legge, infatti, l’ordinamento italiano, in attuazione della normativa comunitaria, ha esteso anche ai dirigenti l’applicazione della procedura relativa ai licenziamenti collettivi, prevedendo un regime sanzionatorio “ad hoc” in caso di violazione degli obblighi procedurali o dei criteri di scelta.