Con ordinanza n. 18245 del 2 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore in malattia non è tenuto ad astenersi dal compiere qualsiasi altra attività, con il limite rappresentato dalla compatibilità di tale attività con lo stato di malattia e dalla sua conformità all’obbligo di correttezza e buona fede, che impone di adottare ogni cautela necessaria a far cessare lo stato di malattia e a non ritardare la guarigione.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, è stata confermata la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente che, assente a causa di una dermatite acuta alle mani, aveva prestato attività lavorativa presso il bar della moglie, ove si era occupato anche di lavare stoviglie e preparare caffè, in tal modo pregiudicando la sollecita guarigione.