La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17785 del 3 luglio 2019, ha affermato il principio secondo cui in tema di trasferimento di ramo d’azienda, ove venga accertata l’illegittimità della cessione, il mancato ripristino del rapporto di lavoro da parte della società cedente determina l’obbligo in capo a quest’ultima di corrispondere le retribuzioni, a decorrere dalla messa in mora del lavoratore.
La Suprema Corte ha chiarito, altresì, che tale obbligazione retributiva non si estingue per effetto delle retribuzioni che il lavoratore eventualmente abbia percepito da parte dell’impresa cessionaria anche successivamente alla sentenza che ha accertato l’illegittimità del trasferimento di azienda. Infatti, trattandosi di obbligazione retributiva e non risarcitoria, il “nuovo” datore di lavoro (già cessionario nel trasferimento dichiarato illegittimo) è un utilizzatore effettivo delle prestazioni del lavoratore che quindi adempie ad un’obbligazione propria, non potendo estinguere un debito altrui (ossia quello dell’impresa inizialmente cedente).