Con ordinanza n. 25220 del 10 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esistenza di un subappalto non esclude la possibile configurazione dell’interposizione vietata dall’art. 1, L. n. 1369/1960 (applicabile alla fattispecie “ratione temporis”), in quanto ciò che rileva è unicamente l’effettiva dissociazione tra l’autore dell’assunzione e l’effettivo beneficiario della prestazione, a prescindere dagli eventuali rapporti contrattuali interni intercorsi tra società appaltatrice/subcomittente.
Pertanto, ove l’appaltatore fornisca al committente una mera prestazione lavorativa, anche indirettamente, attraverso un contratto di subappalto stipulato con un’altra impresa, si configura un’ipotesi di somministrazione illecita di manodopera.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto integrata la fattispecie vietata dal suddetto art. 1 poiché la società committente aveva messo a disposizione dell’appaltatore un macchinario per l’imballaggio estremamente specializzato cui era stato poi adibito il personale fornito dalla società subappaltatrice.