Con sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24844, la Suprema Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale consolidato in base al quale l’illegittimità del termine apposto al contratto comporta la nullità della clausola di apposizione dello stesso e, pertanto, la conversione del contratto in un rapporto a tempo indeterminato.
Tale criterio è applicabile in assenza di specifici motivi che giustifichino l’apposizione del termine (al caso di specie non trovava ancora applicazione l’acausalità del ricorso al rapporto di lavoro a tempo determinato, non essendo stato ancora modificato l’art. 1, D.Lgs. n. 368/2001 dal D.L. n. 34/2014 e dal D.Lgs. n. 81/2015), anche se manca, nell’ordinamento, una norma che sanzioni esplicitamente tale ipotesi. Nel caso “de quo”, un dipendente, assunto a tempo determinato per ragioni sostitutive, aveva impugnato il contratto di lavoro sostenendo l’illegittimità del termine previsto nello stesso. Soccombente in entrambi i gradi di merito, il datore proponeva ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione che, nel confermare integralmente la decisione di merito, ha evidenziato che, ai sensi dell’articolo 1419, co. 2, c.c., l’acclarata illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro comporta l’invalidità della singola clausola e, quindi, la trasformazione dello stesso in un “normale” rapporto a tempo indeterminato.