Con sentenza n. 10472 del 21 maggio 2015, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al noto principio della tempestività della contestazione nell’ambito di un procedimento disciplinare.
Nel caso di specie, il lavoratore, dipendente di società di assicurazione ed addetto alla struttura di controllo sulla rete sinistri, era stato licenziato per i medesimi gravi fatti che erano stati anche oggetto di denuncia penale (tra cui, omissioni di accertamenti, riconoscimento di somme superiori a quelle dovute, liquidazione di importi elevati senza autorizzazione del superiore, inviti a conoscenti a presentare false denunce di sinistri). Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, eccependo la tardività della contestazione degli addebiti disciplinari da parte del datore di lavoro atteso che i fatti e la denuncia penale erano intervenuti molti mesi prima del ricevimento della lettera di contestazione.
La Corte di Cassazione, rigettando le doglianze del dipendente, ha dichiarato la legittimità del licenziamento, ribadendo che “il principio della immediatezza della contestazione dell’addebito e della tempestività del recesso datoriale deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento del recesso”. In tale contesto dunque, la Suprema Corte ha precisato che i tempi per l’invio della lettera di contestazione si erano resi necessari al fine di completare il processo di indagini sul posto di lavoro da cui erano emerse molteplici irregolarità anche disciplinarmente rilevanti.
Sullo stesso tema, sempre la Corte di Cassazione, con sentenza n. 9802 del 13 maggio 2015, ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare intimato dal datore di lavoro al proprio dipendente anche se era trascorso un lungo periodo di tempo tra la data della scoperta dei fatti oggetto di contestazione e l’accertamento degli stessi.
In particolare, i Giudici di legittimità, ribadendo il carattere relativo del principio di immediatezza della contestazione, hanno escluso che nella fattispecie fosse stato violato tale principio, dal momento che la scoperta e l’accertamento dei fatti avevano reso necessarie complesse indagini da parte del datore di lavoro.
Gli accertamenti eseguiti dall’azienda avevano, infatti, portato alla luce una serie di irregolarità riguardanti una pluralità di conti correnti intestati allo stesso lavoratore e a suoi familiari, nonché una movimentazione anomala di assegni, addebiti e accrediti sui medesimi conti, finalizzata ad una attività di finanziamento di soggetti economici per lo più in difficoltà finanziarie.