Con sentenza n. 665 del 16 gennaio 2015, la Suprema Corte ha statuito che “il patto di prova è valido, perché a sufficienza specifico, grazie al semplice riferimento alla categoria prevista nel contratto collettivo, che permette al datore di lavoro di assegnare il lavoratore ad uno degli, eventualmente plurimi, profili rientranti in essa. La possibilità di assegnazione a profili diversi tutela meglio il lavoratore, che trova maggiori opportunità di utilizzazione in azienda, specie se affetto da minorazione di salute”.
Nella fattispecie, in cui il patto di prova era stato individuato facendo riferimento all’inquadramento (operaio generico) previsto dal contratto collettivo applicato in azienda, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore che aveva lamentato la nullità del medesimo patto di prova sulla base di una presunta indeterminatezza delle mansioni in esso indicate.