Con sentenza n. 11395 del 22 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha statuito il principio di diritto secondo cui l’assegnazione del lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori, rispetto a quelle per cui era stato assunto, mantenendo il medesimo livello retributivo, non si pone in contrasto con l’art. 2103 c.c. (relativo alla disciplina delle mansioni e divieto di declassamento) qualora tale declassamento si verifichi in seguito a sopravvenute e legittime scelte imprenditoriali che abbiano dato luogo ad una ristrutturazione aziendale finalizzata a rendere l’attività maggiormente efficiente e produttiva.
Secondo la Corte, infatti, il diritto del lavoratore a non subire un demansionamento deve essere bilanciato con quello del datore di lavoro a perseguire un’organizzazione aziendale produttiva ed efficiente.
Nel caso di specie la Corte ha escluso l’esistenza di un qualsiasi danno in capo al lavoratore che, trovandosi inizialmente a capo dell’unità organizzativa “inefficiente”, veniva successivamente collocato in una diversa posizione, sempre di grande rilevanza, continuando a percepire la medesima retribuzione.