La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28137 depositata il 17 dicembre 2013, ha riconosciuto ad un lavoratore, vittima di un infortunio sul lavoro, il diritto non solo al risarcimento del danno biologico in senso stretto, inerente la menomazione dell’integrità psico-fisica, ma anche del danno ontologicamente distinto ed ulteriore, il c.d. danno morale soggettivo, inteso come turbamento dello stato d’animo conseguente ad una lesione medicalmente accertabile. Pertanto, richiamati i principi enunciati dalle Sezioni Unite (sent. nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008), che hanno ricondotto ad unità il composito universo dei danni risarcibili, la Suprema Corte ha sottolineato, da un lato, la necessità di non dar luogo ad inammissibili duplicazioni delle poste di danno, dall’altro, quella di realizzare un’integrale risarcimento del danno alla persona.