Con decreto del 30 luglio 2014, il Tribunale di Busto Arsizio ha giudicato antisindacale la condotta di un’azienda che si era rifiutata di aprire un tavolo di trattativa con un’associazione sindacale nonostante la stessa avesse ricevuto dalla maggioranza dei lavoratori il mandato a trattare su una specifica piattaforma rivendicativa ed ancora che non aveva riconosciuto alla stessa organizzazione il diritto a costituire proprie RSA nell’unità produttiva.
In particolare, secondo quanto deciso dal Giudice, a seguito della sentenza n. 231/2013 della Corte Costituzionale, deve ritenersi essenziale, al fine della selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività, “non tanto la sottoscrizione degli accordi applicati in azienda, bensì la partecipazione del sindacato alla trattativa produttrice di tali accordi, partecipazione che non può essere negata quando la rappresentatività esiste nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all’unità produttiva”. Conseguentemente, l’antisindacalità della condotta datoriale consisterebbe proprio nell’avere limitato la libertà sindacale di una organizzazione “la cui rappresentatività esiste nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all’unità produttiva”. Per l’effetto, con il decreto sopra richiamato, il Giudice ha ordinato all’azienda di fissare, entro un termine appositamente individuato, un incontro con l’organizzazione sindacale per discutere la suddetta piattaforma rivendicativa ed ha riconosciuto alla stessa organizzazione il diritto a nominare proprie RSA.
In termini differenti, il Tribunale di Roma, con decreto del 23 settembre 2014, ha rigettato il ricorso di un’organizzazione sindacale per il riconoscimento della natura antisindacale del comportamento di un datore di lavoro che aveva disconosciuto il diritto della prima a partecipare ai tavoli di contrattazione e, conseguentemente, a costituire RSA ed ad esercitare i diritti sindacali correlati. Infatti, “presupposto ad oggi essenziale per costituire RSA è quanto meno la partecipazione ai tavoli di trattative. E tale partecipazione non è azionabile quale diritto positivo del sindacato non sussistendo nel nostro ordinamento un obbligo a trattare per il datore di lavoro con un sindacato richiedente e ciò in applicazione del principio di libertà sindacale sancito dall’art. 39 Cost.”. Anche in forza di quanto disposto nella suddetta sentenza della Corte Costituzionale, dunque, la rappresentanza va valutata sul campo “in base alla riconosciuta forza del sindacato di porsi come necessario interlocutore per partecipare alla stipula di un contratto collettivo”, così che l’effettiva partecipazione alle trattative diventa uno “strumento di misurazione della forza di un sindacato e, di riflesso, della sua rappresentatività”.