Pronunciandosi sulla natura del termine a difesa previsto, ai sensi dell’art. 7, Legge n. 300/1970, per permettere ai lavoratori, sottoposti a procedimento disciplinare, di richiedere un’audizione per esporre le proprie giustificazioni rispetto agli addebiti contestati, la Corte di Cassazione, con la sentenza n 23140 del 12 novembre 2015, ha chiarito che lo stesso termine non è da intendersi a pena di decadenza, ma individua “il dies a quo per la manifestazione della volontà di licenziare”.
Laddove, pertanto, tale termine non sia rispettato dal lavoratore, la sanzione disciplinare comminata deve ritenersi comunque “illegittima se, prima della sua inflizione, il datore di lavoro abbia ricevuto la manifestazione di volontà del lavoratore e l’abbia ignorata”.
Confermando le precedenti decisioni di merito, la Suprema Corte ha così dichiarato illegittimo, per violazione del principio di contraddittorio, il licenziamento irrogato dal datore senza tenere conto della richiesta di audizione avanzata dalla lavoratrice interessata oltre la scadenza del suddetto termine a difesa ma prima che la stessa ricevesse comunicazione del licenziamento medesimo.