La Corte di Cassazione, con la sentenza del 3 luglio 2015 n. 13692, ha affermato che la condotta della lavoratrice che, al momento dell’assunzione (nel caso di specie, con contratto a tempo determinato), non porta a conoscenza del datore di lavoro il suo stato di gravidanza, non può in alcun caso concretizzare una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro; secondo la Corte, un obbligo di informazione in tal senso pregiudicherebbe la tutela delle lavoratrici madri e sarebbe contrario al principio di parità di trattamento previsto dalle norme comunitarie.
Alla luce di quanto esposto, la Corte Suprema, richiamando i principi giurisprudenziali in materia, ha dichiarato nullo il licenziamento e, pertanto, essendo lo stesso improduttivo di effetti, ha condannato il datore di lavoro a riammettere la lavoratrice in servizio, nonché al pagamento di tutti i danni derivanti dall’inadempimento, in ragione del mancato guadagno.