Con sentenza n. 17589 del 26 maggio 2015 la Corte di Cassazione a sezioni unite è stata chiamata a pronunciarsi su quale sia la disposizione dell’art. 24 D.L. 201/2011, conv. dalla L. n. 214/2011, applicabile al giornalista iscritto all’Istituto Nazionale per la previdenza dei giornalisti (INPGI): ovvero se trovino applicazione le misure di contenimento della spesa pensionistica previste dal comma 4 del succitato art. 24 – dettato per la regolazione della pensione di vecchiaia dei lavoratori la cui pensione è liquidata dall’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) e delle forme esclusive e sostitutive della medesima o della Gestione Separata – oppure il comma 24 dello stesso articolo, che per gli enti di previdenza privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994 prevede che l’obiettivo di contenimento sia adottato dagli enti stessi grazie alla loro autonomia gestionale; ed inoltre, se in forza della formulazione del medesimo comma 4 dell’art. 24 all’assicurato possa riconoscersi uno spazio di scelta per formulare opzioni individuali di permanenza nell’attività lavorativa per prolungare la durata del rapporto di lavoro oltre l’età prevista dalla disciplina di settore per il collocamento a riposo.
Al riguardo la Corte ha statuito che “ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia pensionistica previste dall’art. 24 del d.l. 6.12.11 n. 201 conv. dalla l. 22.12.11 n. 214 , la disciplina applicabile agli Iscritti all’Istituto Nazionale di previdenza dei giornalisti italiani è quella assicurata dalle misure adottate dall’Istituto stesso ai sensi dell’art. 24 comma 24 dello stesso decreto legge n. 201, al pari di quanto previsto per gli iscritti agli altri enti gestori di forme obbligatoria di previdenza e assistenza privatizzati ai sensi del d. lgs. 30.06.94 n. 509” ; inoltre, ha proseguito la Corte, “la disposizione dell’art. 24 c. 4 dello stesso D.L. 6.12.11 n. 201 conv. dalla l. 22.12.11 n. 214, non attribuisce al lavoratore il diritto potestativo di proseguire nel rapporto di lavoro fino al raggiungimento del settantesimo anno di età, in quanto la norma non crea alcun automatismo ma solo prefigura la formulazione di condizioni previdenziali che costituiscano incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che può estendersi fino a settanta anni”.
Sulla base di tali argomentazioni la Suprema Consulta ha dichiarato legittimo il licenziamento comminato nei confronti di un dipendente giornalista iscritto all’INPGI per il raggiungimento del 65° anno di età e per la maturazione dei requisiti assicurativi e contributivi della pensione di vecchiaia previsti per l’Istituto di appartenenza sopra richiamato, stante l’applicabilità al caso di specie dell’art. 24, co. 24, D.L. n. 201/2011.