Con sentenza n. 3486 del 20 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha limitato alla misura minima di cinque mensilità l’indennizzo risarcitorio statuito a favore del dipendente a seguito della sentenza che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento e ne aveva ordinato alla società la reintegrazione nel posto di lavoro.
Nel caso di specie, il dipendente non aveva accettato, a due mesi di distanza dal recesso, la proposta transattiva dell’azienda di ricostituire il rapporto di lavoro mediante l’attribuzione di nuove mansioni, poiché la riteneva peggiorativa e dequalificante rispetto al proprio bagaglio di competenze professionali.
La Corte di Cassazione ha, tuttavia, ritenuto ingiustificato il rifiuto del lavoratore in quanto le nuove mansioni, oggetto della proposta di ricostituzione del rapporto, avevano contenuto propedeutico rispetto a quelle svolte dal lavoratore prima del licenziamento ed ha, pertanto, riconosciuto violato l’art. 1227, co. 2, c.c., che impone al creditore o al danneggiato di evitare, usando la normale diligenza, i danni che possano essere arrecati alla propria sfera giuridica dall’altrui comportamento illecito, sempre che ciò non risulti per i medesimi troppo oneroso o incida in misura apprezzabile sulla loro libertà d’azione.